domenica 29 settembre 2013

El País: la caduta del Governo di Enrico Letta, il secondo fallimento di Giorgio Napolitano

Generalmente amo poco gli articoli di Pablo Ordaz, da un paio di anni corrispondente di El País a Roma: troppi stereotipi, poca voglia di approfondire la conoscenza del Paese da raccontare, troppi complessi di superiorità di stile spagnolo. Ma.
Oggi, come la maggior parte dei quotidiani, El País mette in prima pagina la crisi politica aperta in Italia da Silvio Berlusconi, per evitare di essere espulso dal Parlamento, così come dev'essere, essendo stato condannato dalla Giustizia italiana per frode fiscale. E Ordaz offre un punto di vista interessante, sottolineando le responsabilità di Giorgio Napolitano in questo disastro, data l'ossessione del Presidente della Repubblica per le larghe intese e per il coinvolgimento del PdL, dominato dagli interessi di Silvio Berlusconi, nelle riforme del Paese. 
"Tutto questo disastro è iniziato il 22 aprile" esordisce Ordaz su El País  "Quel giorno, per la prima volta nella storia, un Presidente della Repubblica italiana rinnovava il mandato. Dopo due mesi, in cui i partiti politici non si erano messi d'accordo, né per formare il Governo, né per eleggere un nuovo Capo di Stato, Giorgio Napolitano, 87 anni, accettava di continuare per altri sei anni". 
E c'è un'immagine che Pablo Ordaz ricorda e propone un paio di volte nell'articolo: durante il discorso di insediamento di Napolitano, in Parlamento, "Silvio Berlusconi sorrideva e allo sconfitto leader della sinistra, Pier Luigi Bersani, scesero le lacrime". Perché ritorna quest'immagine? Perché nel suo discorso Napolitano fu molto duro, ricordando che se avesse ritrovato "insensibilità come quelle con cui mi sono scontrato nel passato", non avrebbe esitato "a esporre le conseguenze davanti al Paese". Ed è stato Napolitano a spingere il centrosinistra a governare con Silvio Berlusconi, per realizzare le "riforme urgenti di cui aveva bisogno il Paese". Tra queste, "una legge di stabilità che continuasse le dure riforme intraprese dal Governo tecnico di Mario Monti e, soprattutto una nuova legge elettorale affinché nel caso il Governo si rompesse, si potesse andare alle urne con regole del gioco più chiare e più rappresentative della volontà degli italiani". Da allora, sottolinea Ordaz, "sono passati i mesi, ma non i fatti". 
Il sorriso del Berlusconi e le lacrime di Bersani ritornano nei pensieri del corrispondente, al ricordare che Napolitano ha scelto "un degno successore di Monti, Enrico Letta, molto preparato politicamente e intellettualmente, con ponti familiari nel centrodestra e con la necessità di tirare l'Italia fuori dal pozzo del discredito politico ed economico". Secondo la strategia di Napolitano, spiega Ordaz, l'operazione Monti era fallita a causa degli interessi personali di Berlusconi, che aveva ritirato l'appoggio al Governo non appena era arrivata la sentenza del processo Mediaset, ma con Berlusconi messo nel Governo delle larghe intese questo pericolo doveva essere scongiurato. E viene da pensare che se davvero il Presidente della Repubblica ha applicato la strategia teorizzata da Ordaz ha un serio problema a comprendere l'Italia di questi anni: è evidente che il problema del Paese è la presenza di Silvio Berlusconi e dei suoi interessi personali nelle istituzioni e nella vita politica del Paese; sono loro il pericolo e l'ostacolo a ogni tentativo di riformare il Paese. Più che insistere sulle larghe intese, il Presidente avrebbe dovuto insistere a cercare un'alleanza tra PD e M5S, avrebbe dovuto mediare e negoziare, per la formazione di un Governo a termine e di scopo, in modo da avviare alcune delle riforme più urgenti e condivise tra PD e M5S: l'espulsione definitiva di Silvio Berlusconi dalla vita politica, con l'ineleggibilità dei corrotti, degli evasori fiscali e dei condannati in via definitiva, sia quale sia la loro pena e il reato compiuto, per esempio. Ma il Presidente si è sempre preoccupato di isolare il populismo di Beppe Grillo, che ricambia ampiamente l'antipatia, e ha sempre preferito il populismo e la prepotenza di Berlusconi. 
Il risultato è sotto gli occhi di tutti e lo spiega Ordaz, nella conclusione del suo articolo: "Enrico Letta è il secondo leader messo alla guida del Governo italiano da Napolitano, che fallisce nel tentativo di costruire un Paese moderno e affidabile. La pietra, la stessa pietra di sempre, si chiama Silvio Berlusconi".
PS Ma lo vogliamo ripetere, fino allo sfinimento, che questa legge elettorale, che ha privato gli elettori del diritto di scegliere i loro rappresentanti, è una delle devastanti eredità dei Governi di Silvio Berlusconi? Che questa legge l'hanno voluta e l'hanno votata da soli il PdL e la Lega Nord? Diciamole le cose...