sabato 5 ottobre 2013

Hugo Silva e Mario Casas, nel pasticciaccio brutto de Las brujas de Zugarramurdi

Lo ammetto: l'unica ragione per cui mi sono lasciata convincere ad andare a vedere Las brujas de Zugarramurdi di Álex de la Iglesia è stata la curiosità di vedere di nuovo insieme Hugo Silva e Mario Casas, i due protagonisti.
Chi segue Rotta a Sud Ovest sa già che i due attori hanno recitato insieme nel serial Los hombres de Paco e che da allora turbano l'immaginario delle giovanotte spagnole (abbiano l'età che abbiano). Le carriere li hanno separati: Hugo Silva ha cercato di liberarsi in tutti i modi di Lucas Fernández, il personaggio di Los hombres de Paco a cui deve la fama, Mario Casas ha cercato di lavorare il più possibile, per acquisire esperienza e dimostrare che non è solo il ragazzo più desiderato dalle adolescenti. L'approdo al nuovo film di Álex de la Iglesia è per entrambi una sorta di coronamento dei loro sforzi; Silva è presente nei due film più attesi dell'anno, il dimenticabile Gli amanti passeggeri di Pedro Almodóvar e questo pirotecnico Las brujas de Zugarramurdi di Álex de la Iglesias; Casas si trova davanti a uno dei primi ruoli non adolescenziali (l'altro è nel tenero e sfortunato La mula) e di un certo spessore comico. 
Las brujas de Zugarramurdi inizia con il peggior assalto a un Compro Oro che uno si possa immaginare nella vita. Già pensare di derubare un Compro Oro in piena Puerta del Sol, uno dei posti più frequentati e osservati di Spagna, dimostra una certa inclinazione a complicarsi la vita, ma sono Hugo Silva e Mario Casas, ricoperti di pittura come due artisti di strada (Silva fa il Cristo e Casas il soldato), c'è anche uno Sponge Bob, e pazienza. Però accompagnarsi al figlio di José-Hugo Silva e a un'autista, avvocato e fidanzata di Antonio-Mario Casas, che, giustamente, invece di aspettare i due ladri, prende e se ne va per fatti suoi, obbligando i due malcapitati a fermare il primo taxi che passa, per scappare, non ha alcuna giustificazione. Però meno male che è andata così.
Perché sul taxi, guidato dal malcapitato Manuel, succedono le cose più divertenti del film. Prima c'è il passeggero, che deve andare a Badajoz, sì o sì, e invece si trova nel pieno di sparatorie improvvisate, tra Madrid e la sua periferia. Poi c'è Sergio, il figlio di José, che ha una decina d'anni e si diverte come un pazzo tra spari incrociati, raccontati eccitato in una telefonata surreale all'isterica madre, con l'immaginabile esito nei rapporti tra José e l'ex moglie. Poi ci sono José e Tony, che non si fanno scoraggiare dall'improvvisazione a cui li costringe l'inesperienza; per esempio, il taxista fa presente che deve sapere dove andare, Mario Casas propone il sud, "perché nei film si scappa sempre verso sud", e Hugo Silva, più autoritario, decide che si va verso la Francia, anche perché ha promesso al figlio di portarlo a Disneyland. La logica dei due protagonisti è un po' questa: non avere le idee molto chiare e trovare soluzioni che aiutano a complicarsi le cose. Nel taxi risultano esilaranti anche i dialoghi, che sanno di seduta psicanalitica, tra i tre uomini, José, Tony e Manuel (quello di Badajoz viene tolto di mezzo in modo sbrigativo, ma non definitivo), tanto che il taxista, comprese le ragioni degli altri due, si unisce alla loro causa ed entra nella banda. Il taxi è inseguito da Silvia, la madre di Sergio, a sua volta inseguita da due ispettori, Calvo e Pacheco, i cui dialoghi a doppio senso omosessuale hanno il loro fascinoso divertimento. 
Tutto va bene fino a quando il taxi non arriva in un lugubre bar alle porte di Zugarramurdi, il paese navarro che apre le porte della Francia e che, qualche secolo fa, è stato teatro di una violenta caccia alle streghe, con uno dei roghi più grandi che la storia spagnola ricordi (furono bruciate una trentina di donne). Nel bar succedono cose strane, che dovrebbero avvertire José, Tony e Manuel. I tre finiscono nelle mani di tre streghe, interpretate da Carmen Maura (grandiosa), Carolina Bang e Terele Pávez. E il film si perde. Le tre organizzano una mega-riunione con altre streghe, il cui scopo è vendicarsi del genere maschile, utilizzando i nostri tre, più Sergio e l'uomo che deve andare a Badajoz. E le scene si fanno lunghissime e noiose, in sotterranei incomprensibili e in una grotta enorme, che sa più di raduno rave, eccessivo e fracassone, che di vertice del male, dai troppi ululati ed effetti speciali. A dir la verità non si capisce neanche bene cosa succede, per lo meno, io non l'ho capito. L'unica cosa salvabile sono i surreali dialoghi d'amore di Hugo Silva e Carolina Bang, che, appena conosciuti, parlano come una vecchia coppia da telenovela, e gli altrettanto surreali dialoghi sentimentali tra gli ispettori Pacheco e Calvo, vittime sacrificali, con Mario Casas in mezzo a loro, durante l'eterno rave-party. Il resto è un pasticciaccio brutto che finisce in modo incomprensibile e senza una ragione. Peccato.
PS Nonostante tutto, spero che Las brujas de Zugarramurdi ottenga varie candidature ai Premi Goya, tanto eccesso, tanta fantasia, tanta inventiva, per quanto disorganizzati e incontrollati, meritano di essere riconosciuti. Se Álex de la Iglesia battesse Pedro Almodóvar nelle candidature, non sarebbe una sorpresa.