Michelle Bachelet ha vinto le elezioni cilene, ma non a
sufficienza per evitare il ballottaggio con la candidata del centro-destra
Evelyn Matthei (46,6% dei voti per Bachelet, 25% per Matthei, quasi il doppio
dei voti per la socialista). Due giorni dopo il suo successo elettorale, non è
solo questo il problema della candidata di Nueva Mayoría.
La nuova composizione del Parlamento non le garantisce infatti la
possibilità di fare tutte le riforme promesse, senza patti con il
centro-destra.
Nueva Mayoria ha ottenuto 68 deputati su 120 alla Camera e 20 senatori su 38,
ottenendo una comoda maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. "Così
potrà realizzare senza problemi una riforma tributaria, che richiede il voto di
61 deputati e 20 senatori" scrive il quotidiano cileno La Tercera
"Nel caso dell'istruzione universale gratuita, un'altra promessa di
Bachelet, il suo blocco dovrebbe sommare solo un voto in più alla Camera e uno
al Senato. E per questo ci sono i margini per aggiungere gli ex dirigenti
studenteschi Giorgio Jackson e Gabriel Boric, oltre agli indipendenti Alejandra
Sepúlveda e Vlado Mirosevic. E nel Senato per cercare il voto di Carlos
Bianchi".
Secondo La Tercera, la Alianza, la coalizione di centro-destra che
sostiene Evelyn Matthei, non avrà spazio "per occupare alcun posto al
vertice della Camera né per presiedere alcuna commissione legislativa",
avendo 48 deputati.
Questa la lettura positiva del risultato elettorale cileno.
Ce n'è poi una un po' più prudente, per la quale Nueva Mayoría non riuscirà, da
sola, a realizzare la riforma costituzionale promessa in campagna elettorale.
Bachelet, spinta dai venti di cambiamento arrivati con le manifestazioni
studentesche, ha promesso uno Stato più laico, una maggiore uguaglianza
sociale, il riconoscimento dei diritti sessuali delle donne, aborto compreso.
Per alcuni di questi cambiamenti sono necessarie riforme alla Costituzione,
approvata nel 1980, durante il regime di Augusto Pinochet, attraverso un
plebiscito, sono necessari infatti i due terzi del Parlamento, cioè 80 deputati
e 25 senatori. Dunque, sarà necessario un comunque auspicabile accordo con il
centro-destra.
Necessario un accordo anche per la promessa di cambiare il sistema elettorale,
che Bachelet vorrebbe più proporzionale: in questo caso è necessario l'accordo
di tre quinti del Senato, che evidentemente Nueva Mayoría non raggiunge. Se il
15 dicembre, al ballottaggio, Michelle Bachelet riuscirà a garantirsi il
ritorno al Palazzo de La Moneda, si troverà davanti a uno scenario meno favorevole di
quanto sperava.
Ma adesso sia lei che Matthei devono convincere sia gli elettori che hanno
votato per gli altri candidati sia chi non è andato a votare (nelle prime
elezioni volontarie della democrazia cilena ha votato solo il 56% degli aventi
diritto), a sceglierle.
In uno dei primi atti post-elettorali, Bachelet si è presentata con due delle
candidate elette dal Partito Comunista, che non si sa ancora se entrerà nel
Governo, in caso di vittoria di Nueva Mayoría, Karol Cariola e Camila Vallejo e
con la neo-deputata socialista Maya Fernández Allende. Tutte donne più giovani
di lei, tutte simbolo dei venti di cambiamento che hanno spirato nel Paese negli anni di Sebastián Piñera, unite per celebrare un possibile Cile diverso. "Alle prossime
elezioni dovremo decidere tra due tipi di Paese: uno che pensa che va tutto
bene e non c'è molto da cambiare o un Paese che crede che si possono fare cambi
profondi e in modo responsabile" ha detto la candidata socialista. E nel
tentativo di mobilitare le donne non solo ha sottolineato come il loro numero
sia aumentato in Parlamento (sono il 16% alla Camera e il 18% al Senato), ma anche come non sia ancora sufficiente e come, però, Camila e le altre dimostrino come
"le donne stanno ascendendo a maggiori incarichi di leadership nei
movimenti sociali, nelle federazioni studentesche, tra i lavoratori". Un
maggior numero di donne in politica è la prova, secondo Bachelet, che
"andando a votare si possono generare i cambi e il rinnovamento di cui il
Cile ha bisogno".
Chissà se tra quel 44% rimasto a casa, probabilmente per snobismo, ci sarà
qualcuno che farà auto-critica, per non aver garantito in Parlamento le
maggioranze sufficienti per iniziare a cambiare il Paese. Domanda che rimane
sempre nell'aria, quando i trionfi annunciati hanno poi una doppia lettura.