mercoledì 27 novembre 2013

Zapatero presenta El dilema, il suo libro: fu un errore non ammettere subito la crisi, ma non mi pento di niente

José Luis Rodriguez Zapatero non si pente di niente e si assume tutta la responsabilità per aver deciso di introdurre il fiscal drag nella Costituzione spagnola, nelle ultime settimane del suo mandato, e per aver introdotto drastici tagli alla spesa pubblica per cercare di evitare il rescate, l'intervento dell'Unione Europea nel sistema finanziario. "E' stata una decisione personale mia e sono stato sempre consapevole del costo che avrebbe comportato. La situazione era così delicata che avevo due alternative: fare tagli sociali o consolidare la stabilità. Ho scelto la seconda misura. L'accordo dei due grandi partiti per il cambio della Costituzione è stato un fattore molto positivo, dato che c'erano rischi massimi, che si sarebbero risolti in un governo tecnico. La mia responsabilità era ancora maggiore perché c'erano le elezioni a novembre 2011 e il rescate non fu argomento della campagna elettorale. La mia convinzione è che è bene che ci sia stabilità di bilancio. So che è un tema doloroso per il mio partito, per questo sento un'enorme gratitudine per il sostegno dato alla decisione" ha detto Zapatero, ieri, nella conferenza stampa con cui ha presentato El dilema, il libro in cui racconta i drammatici due anni finali del suo Governo, quando si è trovato per le mani la più grave crisi economica della storia recente 
Salvare la Spagna dal rescate è stata l'ossessione degli ultimi due anni della sua presidenza: "Me l'hanno proposto tre volte e tre volte ho detto di no. Ero convinto che un aiuto finanziario sarebbe stato molto negativo per il recupero dell'economia spagnola. Sarebbero stati necessari anni per uscire dalla crisi" ha spiegato l'ex premier. Nel libro, dice, ha cercato di essere "il più sincero possibile" e "il più autentico", ha raccontato i 600 giorni finali della sua presidenza per spiegare il suo punto di vista e le sue sensazioni. La sincerità implica l'autocritica e Zapatero non se l'è risparmiata. Ieri in conferenza stampa ha ammesso che "è stato un errore non riconoscere, nel 2008, che la Spagna era in crisi"; ma se non lo ha fatto, ha spiegato, "è stato per dare un messaggio di stabilità agli investitori", perché "tutte le previsioni indicavano una ripresa della crescita economica". Proprio per questo Zapatero, ammettendo l'errore commesso, ritiene che sia assurdo che lo si accusi di aver ingannato gli spagnoli. 
"Abbiamo fatto grandi progressi e, quando è arrivata la crisi, abbiamo frenato" ha riassunto. Ma grazie alle sue decisioni, la Spagna ha evitato il rescate e di questo si sente fiero. A maggio 2010 ha adottato misure draconiane, che gli sono costate la carriera politica, per cercare di mettere ordine nei conti spagnoli e di tranquillizzare i mercati circa la solvenza delle banche: ha congelato le pensioni e ridotto del 5%, in media, lo stipendio dei funzionari pubblici, ha ritirato una delle conquiste del suo Governo, l'assegno da 2500 euro per i neonati. Per i suoi detrattori è stato l'inizio della fine del sogno progressista spagnolo, ma Zapatero non la vede così, perché "voglio e devo ricordare che noi abbiamo mantenuto intatta la sanità pubblica e abbiamo mantenuto intatti i diritti del sistema scolastico". Insomma, visto come è andata con il successore, ci sono vari modi per affrontare una crisi economica. 
Però Zapatero non ha voluto giudicare l'operato di Mariano Rajoy, il suo successore e si è limitato a dire che "dopo due anni fuori dal Governo, visti i dati di disoccupazione e debito pubblico, la mia conclusione è che le cose non erano così facili come alcuni pensavano. E' una crisi inedita, per portata e contesto". Una frecciata a Rajoy, che assicurava che con lui sarebbe scesa la disoccupazione e che con lui i mercati avrebbero riacquistato fiducia nella Spagna. Però nessuna critica per il leader conservatore e una concezione americana del Governo: "Il Presidente del Governo è il mio presidente del Governo e il mio Governo è il mio Governo". Tutta un'altra idea di lealtà, rispetto a quella dei suoi predecessori Felipe Gonzalez e José Maria Aznar, che non gli hanno mai fatto mancare i loro pubblici rimproveri.
Ma Zapatero sembra avere un'altra idea sul ruolo dei Presidenti del Governo ritirati. Di fatto la conferenza stampa di presentazione di El dilema è stata la sua prima apparizione davanti ai media da quando ha lasciato la Moncloa. In questi due anni lontano dal potere non ha mai rilasciato interviste in cui abbia parlato del suo successore alla Presidenza del Governo. Non è un ex Presidente intervencionista, sostengono i media spagnoli, come invece sì, continuano a esserlo Felipe Gonzalez o José Maria Aznar. Neanche per loro Zapatero ha parole di rimprovero. "E' molto difficile conquistare il rispetto dei cittadini se non ci rispettiamo tra di noi" ha commentato ed è stata, in fondo, un'altra frecciata.
Nel libro non ci sono parole di rimprovero per nessun collaboratore, neanche a Pedro Solbes, il Ministro dell'Economia che lo ha abbandonato perché non condivideva le sue scelte economiche e che, in un libro uscito in questi giorni, lo ha pesantemente criticato. "Sento gratitudine per tutti i miei ministri e questa si estende anche al vicepresidente economico del Governo. Questo è il mio modo di intendere la lealtà del lavoro di squadra. Non polemizzerò mai con qualcuno che ha fatto parte della mia squadra. E, se me lo permette, stiamo presentando il mio libro, non quello di Solbes" ha risposto Zapatero a precisa domanda. 
La lealtà è un concetto che è tornato spesso nella conferenza stampa. Zapatero la sente nei confronti del PSOE e, anche se al recente Congresso del PSOE andaluso, ha sostenuto il cambio generazionale che la neo Segretaria Generale andalusa Susana Diaz rappresenta, non ha voluto entrare nelle polemiche sulla successone ad Alfredo Pérez Rubalcaba. Ha avuto, anzi, parole di stima e affetto per il Segretario Generale, suo successore e suo Ministro degli Interni e vicepresidente: "E' un amico, è stato uno dei miei principali collaboratori nel Governo, ha vinto un Congresso, nessuno dubita delle sue qualità politiche e, siccome è il mio segretario generale, mi attengo sempre a quello che lui decide come iniziativa politica. L'unica cosa che farò è non dare consigli né orientamento al partito, né al segretario generale, che non ne ha bisogno, ma il mio sostegno" ha affermato. "Nei miei compagni di partito vedo solo virtù e con i miei avversari preferisco anteporre il rispetto alle divergenze. Hanno alle spalle milioni di elettori. E' una sensazione molto forte stare alla guida della Spagna. Molto forte. Conosco questa sensazione e non si dimentica. Mai". 
Off-records, ad alcuni giornalisti ha fatto sapere che se alle primarie del PSOE si presenteranno vari candidati, non sosterrà nessuno. Un'incredibile altra idea di ex Presidente del Governo, un uomo che finalmente non si crede imprescindibile e che lascia che il futuro sia davvero in altre mani, avendo già dato lui il suo contributo e avendo lui stesso deciso che la sua stagione è finita. Avercene, ex presidenti così.