giovedì 2 gennaio 2014

La presa di Granada: tra polemiche e nazionalismo, la città celebra la resa ai Re Cattolici

All'alba del 2 gennaio 1492, a Granada, nel salone della Torre de Comares, il sultano Boabdil consegnò le chiavi dell'Alhambra a Gutierre de Cárdenas, uomo di fiducia della regina Isabella di Castiglia. Quindi furono aperte le porte dell'ultima fortezza araba della penisola iberica caduta in mano cristiane e il conte di Tendilla Iñigo López de Mendoza entrò alla guida di una grande parata militare. Isabella di Castiglia e Fernando d'Aragona fecero il loro ingresso nell'Alhambra e qui, il fray Hernando de Talavera, il confessore della regina,  fece alzare una bandiera con la croce e con lo scudo di Castiglia nella Torre de la Vela e celebrò la prima Messa cristiana mai pronunciata a Granada. A differenza di molte altre città andaluse, Granada non fu mai cristiana, prima della conquista dei Re Cattolici: la leggenda vuole che sia stata fondata intorno al X secolo dagli abitanti della vicina Elvira. Quella di Granada non fu una Reconquista, ma una Conquista vera e propria, che cambiò le tradizioni e i costumi di una popolazione che non era mai stata cristiana. 
Nelle Capitulaciones, firmate dai Re Cattolici e da Boabdil, a Santa Fe, il 25 novembre 1491, Fernando e Isabella si impegnavano a rispettare gli usi e i costumi delle popolazioni locali; i 77 articoli prevedevano la rinuncia della sovranità musulmana e la consegna di tutte le fortezze e torri di Granada, ma anche la garanzia della libertà di commercio degli arabi, senza  imposte aggiunte, del rispetto per i riti musulmani e per le moschee; si prometteva anche una convivenza pacifica tra cristiani, musulmani ed ebrei.
Ben presto, però grazie alle pressioni di Roma e del fanatismo religioso dei loro consiglieri, i sovrani cattolici imposero la conversione al cristianesimo, iniziarono a perseguitare i moriscos, i musulmani convertiti, sospettati sempre di seguire la loro antica religione, fino a espellere prima gli Ebrei, nello stesso 1492, e quindi, già nel 1609, sotto Felipe III, gli stessi moriscos. I Re Cattolici, alla ricerca di un'unità etnica e religiosa, non seppero, e non vollero, difendere la multietnicità dei loro regni e il sogno di convivenza di Al Andalus si spezzò.
Granada ricorda il giorno della Toma, della sua Presa, tutti i 2 gennaio. Le celebrazioni iniziano nella Capilla Real della Cattedrale di Granada, con una funzione religiosa e l'agitazione della stendardo (il Pendón), che lì ancora si conserva. Finita la Messa, le autorità portano una corona d'alloro e un mazzo di fiori alla tomba dei Re Cattolici. Quindi c'è una processione civico-religiosa che dal Pendón arriva al balcone del Comune di Granada. Qui il consigliere più giovane agita per tre volte il pennone e pronuncia la formula secolare: España, Castilla, Granada, por los ínclitos Reyes doña Isabel y don Fernando.
Al di là dell'evidente richiamo turistico, le cerimonie del 2 gennaio sono spesso fonte di polemiche. Sono state restaurate durante il franchismo, per esaltare il nazionalismo castigliano-spagnolo e sono fonte di imbarazzo per le associazioni che promuovono la convivenza e la tolleranza. Tanto che spesso vengono organizzati atti alternativi alla celebrazione ufficiale, per sottolineare il dialogo possibile tra le culture. E' un legato lasciato dai secoli di dominazione araba e dalla successiva conquista cristiana: in molte città della costa mediterranea, durante l'estate, si celebrano lotte tra Mori e Cristiani, per esaltare la prevalenza di questi ultimi. Sono fenomeni in cui trova spazio non solo la celebrazione storica, ma anche il revanscismo spagnolo; si esalta di più il sentimento della Reconquista, con la sconfitta dell'avversario, che la possibile convivenza tra i popoli; l'umiliazione contro la tolleranza.
El Dia de la Toma de Granada si inserisce in questo ambito nazionalistico-storico-culturale. Ma se le celebrazioni non hanno scelto la miglior chiave di lettura possibile, è pur sempre vero che il 2 gennaio 1492 è una data che ha cambiato la storia della Spagna e che ha un profondo significato anche nella storia d'Europa. Non dimenticare la Storia, in questi anni inquieti, è un buon segnale per rendere possibilmente migliore il futuro.
Rendición de Granada di Francisco Pradilla, uno dei quadri spagnoli più celebri, sulla resa della città dell'Alhambra (sulla sinistra, Boabdil consegna le chiavi della città a Fernando e Isabella, sulla destra).