sabato 11 gennaio 2014

L'Infanta Cristina non ricorrerà la sua imputazione. Il sollievo della Casa Reale e il linciaggio dei media

Dopo febbrili consultazioni tra Barcellona e Madrid con la loro cliente, gli avvocati dell'Infanta Cristina di Spagna hanno annunciato che non presenteranno ricorso contro l'iscrizione della loro assistita al registro degli indagati del Caso Noos. Pertanto l'Infanta risponderà al giudice José Castro, che l'ha citata a testimoniare l'8 marzo 2014.
Nel suo comunicato, lo studio Roca Junyent, fa sapere di essere in completo disaccordo con "gli argomenti effettivi e giuridico-penali sulla cui base si è deciso di citare S.A.R. a dichiarare in veste di indagata". Per questa ragione, si spiega, gli avvocati avrebbero dovuto interporre un ricorso d'appello. "Ma a S.A.R. non sfuggono gli effetti collaterali che avrebbe l'interposizione del ricorso, che si tradurrebbe in una dilazione del procedimento, allungandosi così la scomoda e a suo modo di vedere ingiusta situazione per lei". "Sua Altezza Reale, consapevole della sua vocazione di servizio, che è anche quella di collaborare al massimo con la Giustizia, e convinta inoltre che le sue azioni sono sempre state fiduciose, trasparenti e rispettose del Diritto, determina di non avere niente da nascondere davanti al giudice istruttore e alla società spagnola". E, siccome vuole chiarire al più presto la sua posizione, ha deciso di rinunciare al diritto di ricorso, che "come cittadina le è attribuito dalla Costituzione".
Cristina sarà dunque il primo membro della Casa Reale spagnola a entrare in un Tribunale come indagata per reati piuttosto gravi come la frode fiscale e il riciclaggio di capitale; se queste accuse venissero provate in un eventuale processo, l'Infanta rischierebbe fino a sei anni di carcere.
La decisione di Cristina di accettare la citazione non è sorprendente. Se fino a poco tempo fa sia lei che il marito Iñaki Urdangarin si comportavano come vittime di un cospirazione, rifiutando la cauzione civile del giudice Castro, perché ci si sentiva a rischio impoverimento (Urdangarin), o la consegna della dichiarazione dei redditi degli ultimi dieci anni, perché la si considerava una violazione della privacy (Cristina), adesso l'atteggiamento è cambiato.
Probabilmente molto è dovuto al Capo della Casa del Re, Rafael Spottorno, che poco prima di Capodanno aveva chiesto al giudice Castro di concludere le indagini, perché tre anni erano ormai sufficienti per avere in mano tutti gli elementi e perché la Monarchia non poteva sopportare il prolungamento del suo 'martirio'. E infatti la prima reazione della Zarzuela, alla notizia che Cristina non presenterà ricorso, è stata di sollievo; la Zarzuela valuta la decisione "molto positivamente" perché vede in questo la possibilità di tagliare i tempi delle indagini.
Cristina si sarà resa conto del danno che la sua vicenda giudiziaria sta facendo alla Monarchia? Oggi La otra crónica di El Mundo ha pubblicato ritratti devastanti di Iñaki Urdangarin, descrivendolo come un ragazzo basco belloccio, ambizioso e donnaiolo, che ha approfittato dell'amore dell'Infanta per scalare posizioni sociali e per arricchirsi. Per amore di Iñaki, Cristina ha sopportato tutto, anche il fatto di uscire con lui mentre era fidanzato con un'altra, all'inizio della loro storia; ha lottato "come una leonessa" per imporre il suo matrimonio a un sovrano scettico all'idea di "un'Infanta di Spagna sposata con uno sportivo", minacciando anche di andare a vivere con lui, in assenza di autorizzazione reale; ha cercato di creargli un futuro lavorativo, dopo l'abbandono della pallamano, suggerendogli gli studi universitari. Poi, quando è scoppiato lo scandalo, non lo ha mai lasciato solo, seguendolo nell'esilio a Washington, accettando di tornare a Barcellona (l'errore peggiore degli Urdangarin, secondo La otra crónica), sfidando continuamente il Re e il Principe per imporre la sua presenza nelle riunioni familiari, perdonando a suo tempo le infedeltà emerse nelle emails di Iñaki.
Perché Cristina non lascia Iñaki? si chiedono costernati i media spagnoli, pensando che con il divorzio dei Duchi di Palma si risolverebbe buona parte dei guai della Corona spagnola. Come se, smettendo di essere Iñaki il marito di Cristina, sparissero di colpo gli eventuali reati commessi, le complicità coniugali, le eventuali connivenze con la Casa Reale e il suo intorno. Come se l'errore non fosse stato commesso a monte, quando, a 32 anni, il giovane, fascinoso e ambizioso Iñaki, ha lasciato la pallamano e qualcosa bisognava pur fare di lui (e non è stato fatto).
Cristina non lascia Iñaki perché è ossessionata da lui, assicura il settimanale, che va anzi oltre, affermando che la loro "più che storia di una passione, si potrebbe definire come la storia di una cecità". Un giorno, quando si potrà parlare con serenità della vicenda dei Duchi di Palma, quando il rancore, la rabbia e il dolore, provocati non dal loro comportamento, ma dalla crisi economica, che ha esacerbato gli animi dell'opinione pubblica, si saranno sedimentati, allora si potrà anche dire che il linciaggio pubblico a cui sono stati sottoposti in questi anni Cristina e Iñaki è stupefacente e fa seriamente riflettere sul ruolo dei media. Devono informare o manipolare l'opinione pubblica? E' giusto che abbiano già scritto le sentenze, quando non ci sono ancora state neanche le interrogazioni di tutti gli indagati, per cui se non vanno in galera è perché la Giustizia non è uguale per tutti? Quale Giustizia si pretende, se si vuole già in galera chi non è stato ancora processato? E fa un po' paura il livore con cui si giudica anche la vita intima e privata delle persone, siano Infante di Spagna o meno.
Ieri, quando si è iniziato a intuire che non ci sarebbe stato il ricorso, uno degli avvocati di Cristina, Jesús María Silva, ha affermato di essere assolutamente convinto dell'innocenza della sua cliente "e questa innocenza passa ovviamente per la sua fiducia nel matrimonio e nell'amore per suo marito". E ha anche argomentato: "Quando una persona è innamorata di un'altra, ha fiducia, ha avuto fiducia e continuerà ad avere fiducia, contro tutto e tutti, in questa persona: amore, matrimonio e sfiducia sono assolutamente incompatibili".
Dichiarazioni romantiche e imbarazzanti, in fondo. Teoricamente un matrimonio cattolico non dovrebbe reggersi sulla filosofia 'sto con te solo fino a quando sono rose, quando saranno spine addio', ma dovrebbe durare 'nel bene e nel male'. Teoricamente il matrimonio non si forgia nei sorrisi, ma nelle difficoltà, nel dolore, nella fatica. Stare insieme solo se le cose funzionano e dirsi addio non appena il colore rosa svanisce, è una visione edonistica, superficiale e volgare del legame matrimoniale e dei sentimenti d'amore. E' stata favorita dalla società consumista, ma non deve appartenere necessariamente a tutte le coppie. Considerare Cristina una donna cieca perché non lascia il marito probabilmente ladro e traditore, è anche molto machista.
Ma la cosa più importante da difendere è che quello che succede nel matrimonio dei Duchi di Palma, indagati o meno, è solo affare loro, appartiene alla parte più intima dei loro sentimenti, che nessuno può giudicaree. Non sarà un eventuale divorzio a risolvere i problemi di giustizia degli Urdangarin né i problemi di popolarità della Monarchia. Anzi.