martedì 29 settembre 2009

La tragica tarde di Paquirri a Pozoblanco, 25 anni fa

Quando è stato che i matadores de toros hanno lasciato l'epica di Ernest Hemingway, di amore e morte, per trasformarsi in personaggi mediatici da consumare nei tediosi pomeriggi televisivi? Jesulin de Ubrique trasformato nel vigliacco giovanotto conteso da due popolane di mezza tacca, come la moglie Maria José Campanario e la ex fidanzata Belén Esteban. José Ortega Cano diventato il patetico (nel senso greco del termine) vedovo di Rocio Jurado, una cantante popolare la cui vita è stata una soap-opera fino alla morte.. Si salvano José Tomas ed El Juli, numeri uno delle plazas per aficionados e media, ma incapaci di superare i confini, forse privi del carisma necessario, come facevano Manolete, Luis Miguel Dominguin, Antonio Ordóñez, stars delle arenas e anche dei corazones della loro epoca.
Forse è stato Paquirri, Francisco Rivera Pérez, l'ultimo grande torero della stirpe dei Manolete, degli Ordóñez e dei Dominguin e il primo di questi toreri mediatici, da Jesulin ai suoi stessi figli, Francisco e Cayetano Rivera Ordóñez, famosi più per la presenza nella prensa del corazón che per le gesta taurine? La domanda sorge un po' spontanea in questi giorni, in cui i media ricordano i 25 anni dalla sua morte. E lo fanno parlando più dei grandi amori della sua vita, la prima moglie Carmen Ordóñez, figlia del grande Antonio, e la seconda, Isabel Pantoja, una delle più popolari cantanti del folklore spagnolo, che delle sue imprese taurine.
Salvando le dovute distanze, Paquirri mi fa pensare sempre a John F. Kennedy: le loro morti furono così sorprendenti e choccanti che non importa capire perché hanno segnato un'epoca, quanto chiarire il mistero e l'assurdità della loro scomparsa. Ad ogni anniversario di JFK cercano di chiarirci i misteri di Dallas; ogni 26 settembre si ritorna a quella tragica tarde di Pozoblanco, in Andalusia, in cui Paquirri morì, a 36 anni, dopo una cornata di Avispado e si cerca di capire come fu possibile. Non fanno eccezione questi giorni del 25° anniversario della sua morte: ci raccontano i concitati minuti dell'infermeria, e ricostruiscono cosa successe con le sue donne,  Carmen e Isabel, poco prima della fatal corrida. La sua ultima corrida e l'ultima cornata furono riprese da TVE, le sue ultime parole, era arrivato lucido in infermeria, tanto da dare istruzioni al dottore ("Voglio parlare con lei, la cornata è forte. Ha almeno due traiettorie, una di qua e l'altra di là, lei apra tutto quello che deve aprire, è tutto nelle sue mani, stia tranquillo"), sono state registrate dalla tv. Morì dissanguato sull'ambulanza, mentre cercavano di raggiungere l'ospedale di Córdoba, non avendo nell'infermeria gli strumenti (e forse il coraggio) per operarlo: da allora, grazie alla sua tragica vicenda, tutte le infermerie delle plazas de toros sono dotate di una piccola camera operatoria, affinché non ci sia più un'altra morte assurda e chccante come quella di Paquirri. Forse è stata proprio questa sua morte televisiva e inspiegabile, e il senso di colpa conseguente di un intero Paese, a contribuire alla costruzione del mito.
Non c'è niente di quest'uomo di bell'aspetto, che sia sfuggito ai media. 25 anni dopo la sua morte e il suo funerale di popolo, i suoi eredi tornano d'attualità e discutono di nuovo in tv per regolare vecchi conti e rancori (ma perché gli eredi non sono mai all'altezza dei miti?); così la famiglia Rivera fa sapere per dispetto e per vendetta che Paco voleva il divorzio da Isabel, che su questa vedovanza ha costruito un carriera, e che era ancora innamorato della bellissima e irrequieta Carmen, "la donna della sua vita", come dicono in tv. Si vedono queste trasmissioni e si sente che manca qualcosa.
Meno male che ci racconta chi era Paquirri e perché è diventato una leggenda non solo del toreo un bell'articolo di El Mundo. "La sua tauromachia è stata un compendio del torero totale, coraggioso, potente e dominatore in tutti i segmenti. Brillante con il capote nei suoi movimenti di ricevimento e nelle sue veroniche, era un esperto e contundente banderillero. Con un'intelligenza attenta, era sempre ben collocato nelle sue faenas con la muleta. Lo si criticava per la mancanza di arte, ma Paquirri era un torero che rendeva facile il difficile, in un modo che sacrificava l'estetica per poter dominare tutti gli animali. Fu un eccellente matador, come ha dimostrato in tante tardes nell'arena. Al morire a Pozoblanco, Paquirri ha reso l'omaggio più alto alla Fiesta. Alla fine della sua vita aveva combattuto tori in 1379 fiestas e aveva tagliato 2111 orecchie e 218 code. Aveva ricevuto solo 27 avvisi in tutta la vita".
Le leggende, le parabole che copiscono l'immaginario e vengono immortalate dagli Hemingway del tempo, sono fatte di piccole e grandi coincidenze: Avispado fu ucciso la stessa tarde della morte di Paquirri dal torero José Cubero, morto un anno e mezzo dopo in una corrida di Madrid. Come se ci fosse una pesante maledizione in quella tarde di Pozoblanco che si portò via Paquirri. Peccato non ci sia stato un Hemingway a cantarlo e ci pensino le trasmissioni della orribile tele-basura, la tv-spazzatura.
Al torero gaditano Las Ventas dedica in questi giorni una mostra, inaugurata dai due figli minori, Cayetano e Francisco; TeleCinco dedica una miniserie, a cui ha collaborato la famiglia Rivera (ma non i figli del torero); il giorno dell'anniversario Cayetano ha toreato a Barcellona, dove suo padre ha preso l'alternativa, nel 1966, a 18 anni. Il suo traje de luz aveva gli stessi colori di quello di suo padre a Pozoblanco e lui portava il lutto al braccio. Non c'è niente che riguardi Paquirri che non riesca ad essere meno che mediatico.
Da youtube, l'ultima tarde di Pozoblanco e il funerale a Siviglia, il tutto con Marinero de luz, la canzone dedicatagli da Isabel Pantoja al suo ritorno alla musica, dopo i mesi del lutto e del dolore. Perché non si dica che pathos e corride non camminino sempre uniti.