giovedì 9 dicembre 2010

Patricia Vargas: i miei 45 anni di matrimonio con Mario Vargas Llosa

Alla cugina Patricia Vargas aveva già dedicato alcuni versi da adolescente, quando avevano dormito nella stessa stanza, da ragazzini; due strofe li cita il quotidiano peruviano La República nella sua pagina web: Cerrado sus ojos,/negras las pestañas/ y su aliento breve/ casi no se mueve/ ni su corazón./ Duerme la niña/ cerquita de mí/ y pensando acaso/ que está muy solita/ y que la acompaña/ un príncipe azul (Chiusi i suoi occhi,/ nere le ciglia/ e il suo alito lieve/ quasi non si muove/ né il suo cuore./ Dorme la bimba/ vicino a me/ e pensando forse/ che è molto sola/ e che l'accompagna/ un principe azzurro).
Ma è stato con il discorso di accettazione del Premio Nobel che Mario Vargas Llosa ha fatto di sua moglie Patricia, "la cugina con il nasino all'insù e il carattere indomabile", la donna più assediata dai media in terra di Svezia. Di lei ha detto: "Patricia è il Perù", "fa tutto e tutto lo fa bene" ed è "così generosa che anche quando crede di sgridarmi mi fa il migliore degli elogi: "Mario, servi solo per scrivere!"". Al raccontare della moglie, la voce di Mario Vargas Llosa si è incrinata, e di conseguenza si sono emozionati tutti i suoi familiari, Patricia per prima, ovviamente. Anche perché il primogenito Álvaro, uno dei più brillanti intellettuali liberisti dei latinos statunitensi, si era già preoccupato di far sapere che suo padre, per la prima volta in 45 anni di matrimonio, aveva impedito alla moglie di leggere il suo discorso. "Che bella sorpresa che le ha fatto!" ha commentato sui giornali peruviani, come se non ci fosse già sufficiente (e comprensibilissimo, oltre che godibilissimo) delirio in questi giorni sulla stampa di Lima e dintorni. Ed è la stampa limeña che racconta le reazioni della donna più cercata di Stoccolma, "quella per cui per la prima volta un Premio Nobel ha pianto", alle "parole più dolci mai dette dal salone dell'Accademia Svedese". Patricia non si tira indietro e quasi le viene male: "Non viviamo dal 7 ottobre tra appuntamenti, celebrazioni, complimenti. E non siamo ancora stati nel Perù!" commenta, pensando al 15 dicembre, quando la sua terra renderà finalmente omaggio al suo scrittore más universal, più riconosciuto. Le sue dichiarazioni del "giorno dopo" si trovano oggi su tutti i quotidiani peruviani, ma El Comercio le riassume per tutti in una bella intervista, che potete leggere qui in italiano (chi la vuole leggere in lingua originale la trova a questo link)

- Oltre alla dichiarazione d'amore, suo marito l'ha presentata come la donna che lo collega alla realtà e lo salva dal caos. Nella vita familiare Vargas Llosa è così disordinato e caotico come ci racconta?
Un po'. La verità è che Mario non si occupa altro che di scrivere, cosa che mi sembra perfetta. Del resto ci dobbiamo occupare noi che siamo intorno a lui. Non solo io. E' vero che sono la testa, ma abbiamo quattro collaboratrici: Lucía Muñoz Nájar, Rosario Bedoya, Fiorella Battistini e Verónica Ramírez. Credo che gli sistemiamo abbastanza la vita perché si possa dedicare solo a scrivere
- E' tanto lo stress mediatico che c'è bisogno di cinque persone per proteggerlo?
Be', è che due lo proteggono a Lima e due a Madrid. La verità è che siamo in continuo contatto. Se prima era già un problema l'assedio mediatico, dal 7 ottobre è stato una cosa terribile. Spero che questo finisca prima o poi perché altrimenti noi cinque moriremmo in qualunque momento per la stanchezza e per il caos che è entrato nelle nostre vite.
- Suo figlio Álvaro ha confessato le tensioni familiari generate dall'ordine di suo padre di non farle leggere il discorso…
Pensavo che Mario me lo avrebbe mostrato. Da 45 anni lo accompagno alle conferenze e sempre ho letto prima i discorsi. Anche quando erano solo bozze. Nonostante lui mi dica: "Aspetta che finisca", ma la curiosità mi uccide. Vado direttamente ai manoscritti e li leggo. Ma questa è la prima volta che non l'ho fatto. L'ho rispettato.
-Non le ha dato fastidio all'inizio che non glielo facesse leggere?
Mi creda che davvero no. E' la prima volta che ho fatto quello che mi ha chiesto. Non lo faccio mai. A volte mi dica, aspetta che corregga il romanzo, non lo leggere! E io non gli do retta. Mi avvicino alla scrivania e leggo qualche capitolo. Non solo. Siccome lui non usa Internet, sa solo scrivere al computer, io ho dovuto mandare il discorso all'Accademia di Svezia. A New York non avevamo le segretarie con noi, ho dovuto farlo io. E, nonostante questo, non l'ho letto.
- In un'intervista suo marito ci ha detto che non è capace di cambiare una lampadina, è vero?

Sì, devo ammettere che è vero. Peggio, io credo si sia così abituato a chiedere tante cose che a volte, anche quando le ha vicine, continua a chiederle per abitudine. Però, ok sono 45 anni che sopravvivo a questa esperienza e ormai non posso fare altro!