giovedì 17 febbraio 2011

Un documentario su Marco Arana, prete ambientalista peruviano, vince alla Berlinale 2011

Il Festival di Berlino porta bene al cinema peruviano. Un paio di anni fa Claudia Llosa aveva vinto l'Orso d'Oro con La teta asustada, su paure e dolori di una giovane donna di classe medio-bassa, nella periferia proletaria di Lima. Alcuni giorni fa è toccato a un documentario duro e importante, Operación Diablo, aggiudicarsi il Premio Internazionale dei Diritti Umani, assegnato dalla Fondazione tedesca Cinema for Peace nell'ambito della Berlinale e consegnato da Bianca Jagger.
Operación Diablo è il nome dato dai suoi autori a un'operazione di spionaggio contro padre Marco Arana Zegarra, compiuta nel 2006 da un'impresa di sicurezza legata all'impresa mineraria Yanacocha, proprietaria della miniera d'oro più grande del Sud America, nella provincia andina di Cajamarca, nel Perù settentrionale. "Il fatto riunisce tutte le caratteristiche delle operazioni di intelligence militare e dei servizi segreti. Le indagini rivelano che l'Operación Diablo, come l'hanno chiamata i suoi autori, è basata sulla tecnica degli OVISE, Operativi di Vigilanza e Pedinamento che vuole intimidire gli "obiettivi" e, in questo caso specifico, demolire l'onore e il prestigio di persone ed istituzioni" scriveva il quotidiano limeño La República, che aveva rivelato il piano.
La colpa del padre Arana, 48enne di Cajamarca, figlio della piccola borghesia locale, con studi in sociologia e sviluppo sociale, oltre che, naturalmente, in teologia, è dedicarsi sin dal 2000 alla difesa dei diritti dei campesinos e, soprattutto, dei minatori e dei cittadini della sua comunità. L'economia della provincia di Cajamarca si basa principalmente sullo sfruttamento minerario: da sola produce la metà dell'oro peruviano,  oltre che altri metalli come il mercurio o il rame; il capoluogo è in forte espansione ed è una delle città peruviane a maggior crescita demografica degli ultimi anni. Ma non è tutto oro quello che luccica, come si suol dire.
Da anni il padre Arana denuncia le multinazionali minerarie, che non rispettano alcuna regola ambientale e che hanno finito con il riempire l'aria e l'acqua di Cajamarca di metalli pesanti, avvelenando presente e futuro di intere comunità. Con il tempo Marco Arana è diventato una sorta di icona della giustizia sociale e dei diritti delle comunità indigenas, un attivista della causa ambientale, che si scontra con le autorità politiche e mette in imbarazzo la conservatrice Chiesa peruviana. Ha fondato anche un movimento, Tierra y Libertad, che si muove nella galassia della sinistra alternativa peruviana. In un'intervista di qualche tempo fa così riassumeva il programma politico del movimento: "La proposta programmatica ha vari assi. Il principale è la giustizia sociale. Nel Perù la crescita economica e la politica neoliberale hanno aggravato i problemi d'esclusione sociale e di disuguaglianza e bisogna chiudere questa breccia. Il che significa una migliore distribuzione del reddito, la promozione degli investimenti non nelle grandi imprese minerarie, ma nelle piccole e medie, una nuova attenzione alle attività economiche sostenibili come l'ecoturismo, l'agricoltura, il biocommercio, con livelli di partecipazione maggiore. Il secondo tema ha a che vedere con i diritti ecologici e con i diritti sociali e culturali: riteniamo non si possa promuovere un modello di sviluppo che depreda gli ecosistemi e che per questo ha bisogno di liberarsi dei popoli che tradizionalmente hanno abitato l'Amazzonia o le Ande del Perù. In questo senso crediamo che lo sviluppo economicamente sostenibile vada per mano con il riconoscimento di un Paese plurinazionale, che apra le porte per migliorare e legittimare la partecipazione politica con rappresentanza delle minoranze etniche nel Paese, in modo che siano esse quelle che partecipano alla presa delle decisioni del governo e non, come succede adesso, che altri decidano per loro. Un terzo asse ha a che vedere con i temi della decentralizzazione. Il Perù è un Paese sommamente concentrato, tutte le decisioni si prendono nella capitale, sulla Costa, senza capire le dinamiche del resto del Paese: bisogna municipalizzare la pianificazione dello sviluppo e generare maggiori processi di partecipazione a questo livello. Un altro tema sommamente importante è la lotta alla corruzione: questa crescita economica si è data la mano alla corruzione dei grandi gruppi di potere economico su uno Stato piccolo, fragile e molto indeboliti. Contemporaneamente crediamo che ci sono un insieme di temi che si aprono e che sono legati alla difesa stretta dei diritti umani, con i diritti delle minoranze della diversità sessuale nel Paese: consideriamo che l'agenda di base passa per una trasformazione in profondità del Paese e delle sue stesse istituzioni politiche". Con un programma del genere, viene da pensare, ovvio che si sia inimicato le oligarchie, le multinazionali e la stessa Chiesa Cattolica, che non fa che richiamarlo.
Nel 2005 il padre Arana con le sue denunce è riuscito a impedire lo sfruttamento dell'oro del cerro Quilish, sostenendo che avrebbe inquinato l'acqua usata dalle comunità locali; così l'impresa Yanacocha non è riuscita ad entrare nella Borsa di New York e ha subito una busca frenata tra le più grandi imprese sudamericane. L'operazione El Diablo è nata in questo clima di rabbia e indignazione generato dal prete tra gli imprenditori peruviani; ad agosto 2005 Arana fu pedinato da agenti ritirati delle Forze Armate, che davano conto di tutti i suoi spostamenti e incontri tra Lima e Cajamarca e che lo controllavano da un ufficio di fronte a quello della ONG Gufides, da lui diretta. Lo scopo finale dell'operazione era scoprire il volto nascosto del prete, le sue debolezze, per mostrarle all'opinione pubblica, in modo che smettesse di vederlo come un benefattore e lo considerasse una specie di diavolo. Una macchina del fango in tutta regola alle latitudini andine. Il tutto fu bloccato quando il quotidiano La República scoprì e denunciò il piano, rivelando così compiacenze e corruzioni al servizio delle oligarchie. L'argomento ha appassionato la giornalista canadese Stephanie Boyd, che ha diretto il documentario presentato a Berlino e già visto sia nel Perù, dove è uscito alcuni mesi fa, e al Festival del Documentario di Montreal.
Bianca Jagger ha consegnato il premio berlinese allo stesso padre Arana, che ha approfittato dell'ampia visibilità internazionale per chiedere alla Corte Internazionale dei Diritti Umani de L'Aja di processare le multinazionali che si macchiano di delitti contro l'ambiente e, dunque, contro le persone.
Su youtube, il trailer del documentario, in cui si vede in azione il padre Arana e si chiede allo spettatore di immaginarsi spiato e minacciato nelle proprie azioni quotidiane.