giovedì 28 aprile 2011

L'ETA annuncia la fine del pizzo agli industriali baschi e navarri

Le associazioni degli imprenditori baschi e navarri hanno annunciato di aver ricevuto nei giorni scorsi una lettera dell'ETA, in cui si annunciava loro la fine dell'impuesto revolucionario, il pizzo che dovevano pagare alla banda terrorista per continuare la loro attività ed evitare i sabotaggi. Il primo ad annunciare il ricevimento della lettera è stato José Antonio Sarria, presidente degli industriali navarri, e poco dopo è arrivata la stessa conferma dai Paesi Baschi. Entrambe le associazioni invitano alla "prudenza", perché in altre "occasioni le speranze sono state spezzate", anche se non nascondono un certo ottimismo.
La fine dell'impuesto revolucionario non può essere interpretato solo come una conseguenza della tregua; nella precedente, iniziata a marzo del 2006 e interrotta nel dicembre dello stesso anno, con l'attentato all'aeroporto di Madrid, la banda basca non aveva smesso di minacciare gli industriali, esigendo loro il pagamento del pizzo con almeno cinque lettere. Un modo strano e singolare di lavorare alla pace, che aveva fatto dubitare della reale volontà degli etarras di arrivare a un accordo con lo Stato spagnolo (di fatto l'ETA aveva continuato ad armarsi, come le indagini, mai interrotte durante i negoziati, arrivarono a scoprire, e fu spinta al negoziato più dalle istanze della base sociale che dall'analisi della dirigenza).
Ma adesso, ormai isolata dalla società basca, ormai senza una base sociale che appoggi con convinzione la scelta delle armi, indebolita dai continui arresti dei suoi dirigenti, spinta a una scelta di pace dal suo braccio politico, che intende scommettere sulla via politica e presentarsi a tutti i costi alle elezioni locali del 22 maggio, le cose sembrano essere cambiate. Ed ecco che per la prima volta arriva l'annuncio della fine dell'impuesto revolucionario.
"Il termometro che misurerà le vere intenzioni dell'ETA sarà la fine dell'impuesto revolucionario" avevano commentato gli industriali baschi al quotidiano El Correo, subito dopo l'annuncio della tregua di gennaio. Il fatto che l'ETA avesse annunciato una tregua "generale" faceva già presupporre un nuovo atteggiamento sul pizzo e sui ricatti agli industriali dei Paesi Baschi e della Navarra. "La tregua "permanente" e "verificabile" ha contato a gennaio su un altro aggettivo, "generale"" scrive El Correo "Un aggettivo qualificativo ambiguo, che fonti della lotta al terrorismo interpretarono già allora come una cessazione dell'attività terroristica in tutti gli ambiti,c ompreso il ricatto economico. Lo stesso quotidiano Gara faceva questa stessa interpretazione del comunicato della banda e sottolineava che l'ETA aveva rinunciato ad "altre attività che, come è successo nei precedenti processi, possono distorcere la dimensione di questa scommessa politica". nonostante, la banda terrorista ha continuato a fare "movimenti" di denaro in Francia, come dimostra l'arresto, il passato 21 marzo, della presunta etarra Ione Lozano Miranda, con 48mila euro in contanti. Le Forze di Sicurezza francesi stanno indagando sull'origine di quest'importante quantità di denaro, anche se fonti della lotta al terrorismo non pensano si tratti di un incasso recente del cosiddetto impuesto revolucionario, ma, meglio di un trasferimento di fondi dalla direzione logistica dell'ETA a qualcuno dei suoi gruppi operativi".
Le prime reazioni politiche alla lettera dell'ETA sono prudenti, il parlamentare basco, coordinatore del partito nazionalista Ezker Batua, Mikel Arana, considera la decisione della banda, positiva ma non nuova e ricorda all'ETA che i baschi chiedono la sua fine definitiva. Il timore evidente è che l'ETA stia cercando di condizionare il dibattito sulla possibile illegalizzazione delle liste di Bildu, il cosiddetto piano B di Sortu e della stessa organizzazione terroristica.
Dopo che il Tribunal Supremo ha illegalizzato Sortu, la formazione con cui la izquierda abertzale rinunciava alla violenza e si presentava alle elezioni del 22 maggio, considerandola l'erede di Batasuna, il braccio politico dell'ETA, la izquierda abertzale ha deciso di presentarsi con un'alleanza con i nazionalisti indipendentisti, chiamata Bildu. Immediatamente è insorto il Partido Popular, che vede come il fumo negli occhi qualunque soluzione nei Paesi Baschi che non sia la scomparsa dell'ETA e punto. Immediatamente gli è andato dietro il PSOE, che teme la potente macchina da guerra conservatrice, secondo la quale qualunque atteggiamento che non sia l'intransigenza verso le istanze basche è una dimostrazione di complicità con l'ETA. Qualche giorno fa la Procura Generale ha impugnato le liste di Bildu per impedire la loro presentazione, stamattina da Bilbao i portavoci della coalizione hanno assicurato che le loro candidature rispettano la legge e che "sono altri quelli che stanno commettendo illegalità per impedire a parte della società basca di essere presente nelle urne, il 22 maggio". Perché poi, quello che i conservatori tendono a dimenticare, è che l'indipendentismo basco non è terrorismo tout-court, è espressione delle ambizioni di circa il 40-50% della popolazione (circa il 30% dei baschi vota il Partito Nazionalista Basco, che risulta da sempre, in democrazia, il partito più votato della regione, un altro 10-20% si disperde tra le liste repubblicane e indipendentiste, alcune delle quali simpatizzanti dell'ETA). E con questo 40-50% della popolazione bisognerà prima o poi trovare una soluzione, invece di tacciarla di terrorismo.
Sempre oggi, a complicare le cose, il presidente del Partito Nacionalista Basco (PNV) Iñigo Urkullu ha avvertito Zapatero che se non sarà garantita a Bildu la possibilità di presentarsi alle elezioni nei Paesi Baschi, in quella che considera una normalizzazione politica piena di Euskadi, il PNV agirà di conseguenza, arrivando a ripensare il proprio appoggio al Governo sulla Finanziaria 2012. Le scosse della fine dell'ETA potrebbero arrivare pericolosamente a Madrid, se il presidente Zapatero non compie quell'atto di coraggio che i socialisti baschi gli hanno già chiesto.