venerdì 29 luglio 2011

Gli studenti cileni: non ci fermeremo fino a eliminare il lucro dalla scuola

Gli studenti, docenti e presidi cileni possono annotare una prima vittoria nella loro lotta per un sistema scolastico pubblico gratuito. Il presidente Sebastián Piñera ha sostituito il Ministro dell'Istruzione, Joaquín Lavín, leader del partito della destra radicale UDI, con Felipe Bulnes e quest'ultimo ha voluto riunirsi con i principali attori del movimento studentesco e dei docenti. Dopo vari problemi l'incontro c'è stato, ma tutte le parti sono piuttosto prudenti. "E' un primo contatto, non c'è un tavolo di lavoro, non c'è un tavolo di negoziato, ma è stato per vedere com'è l'agenda e se il cambio di Ministro significa un cambio della politica" ha commentato ai media la presidente della Federación de Estudiantes de la Universidad de Chile (FECH) Camila Vallejo. Sono un po' tutti in attesa degli sviluppi della situazione, anche la Concertación, che un paio di giorni fa ha rifiutato di partecipare a un incontro organizzato al Palacio de La Moneda proprio per discutere dei movimenti in corso nel settore scolastico e ha causato l'ira del presidente Piñera.
Mentre nel Cile le autorità cercano di risolvere l'ingarbugliata situazione, senza venire meno alle proprie idee, Piñera è contrario a un sistema educativo gratuito, ma si è detto disponibile a rivedere il sistema di finanziamento agli studenti, per alleviare il debito che devono restituire, in Colombia, dove stanno preparando una nuova legge sulla scuola superiore, che riprende alcuni elementi del modello cileno, guardano con attenzione cosa succede a Santiago.
Anche per questo il quotidiano di Bogotà El tiempo ha intervistato Francisco Figueroa, vicepresidente della Federación de Estudiantes de la Universidad de Chile; è lui a spiegare come funziona il sistema scolastico e universitario cileno e perché gli studenti e i docenti stanno protestando, tenendo da due mesi in scacco il governo di Sebastián Piñera (un'altra intervista su questi temi, alla ricercatrice dell'Osservatorio Cileno di Politiche Educative dell'Uiversità del Cile Jenny Assaél, potete leggerla su Rotta a Sud Ovest, a questo link). L'intervista, completa e in spagnolo, è su eltiempo.com.

- Qual è l'oggetto della protesta?
Un sistema formativo in crisi dagli anni della dittatura, quando è stato aperto al settore privato, e che non ha risposto alle necessità del Paese. Le università dello Stato sono in crisi per l'abbandono in cui si incontrano. Si è ampliata la copertura in modo disuguale, perché i più poveri sono entrati in istituzioni di bassa qualità. Quattro giovani su dieci entrano nella scuola superiore e due di questi quattro non riescono a progredire perché vivono indebitati. Questa mobilitazione è iniziata per il grado di indebitamento degli studenti. La maggior parte accede all'istruzione superiore attraverso i crediti solidali dello Stato o quelli che concedono le banche, con tassi d'interessi al bordo dell'usura.
- E' molto elevata la percentuale dei giovani che studia attualmente attraverso i crediti?
Oltre il 50%; il 70% dei matricolati sono di istituzioni private e questa cifra concentra gli studenti di più basse risorse economiche. Sono quelli che non hanno la possibilità di accedere ai crediti solidali con tassi d'interesse del 2% che concede lo Stato e che, quindi, rimangono alla mercé del mercato. Questi studenti sono fuori dalle università tradizionali, ma sono stati un elemento fondamentale di questa mobilitazione.
- Come li colpisce il fatto di essere fuori del sistema dei crediti statali e alla mercé del mercato bancario?
Pagano due o tre volte il prezzo della carriera universitaria. La media varia tra questi due margini, ma ci sono alcuni che hanno finito con il pagare più di tre volte il costo iniziale ed è una realtà tanto nel sistema privato come in parte del sistema tradizionale. Siccome molti non potevano accedere al credito solidale creato dallo Stato, hanno dovuto optare per altri crediti, con tassi maggiori.
- Come è cambiata la qualità della formazione con lo schema del lucro?
Il lucro è stato responsabile dell'aumento del numero degli iscritti. Con la formazione tecnica, le istruzioni possono lucrare dagli anni 80, ma è di bassa qualità ed è in mano di imprenditori privati, che si possono dare il lusso di tenersi l'eccedente invece di investirlo negli studenti. In esse studiano gli studenti più poveri L'esperienza cilena dimostra che, quando c'è la possibilità di lucrare, il guadagno è il fine stesso e si traduce in una diminuzione della produzione della conoscenza, necessaria per rispondere alle domande sociali. Il lucro snatura le università.
- Questa formazione disuguale, come ha colpito la produzione della conoscenza nel Cile?
Questo è il secondo grande tema. Non abbiamo la capacità di produrre conoscenza all'altezza delle sfide del Paese nel suo insieme. Esistono incentivi del mercato per la produzione di conoscenza, ma il tipo di conoscenza che si genera è quella utile all'imprenditore, ma non al proposito di un Paese che cerca di saltare da un'economia che dipende dall'esportazione di risorse naturali a una che produca scienza e tecnologia avanzata.
- Fino a dove pensate di arrivare voi studenti?
Vogliamo finirla con il lucro nel sistema elementare, medio e superiore. Anche se per legge è proibito il lucro nelle università, si sta presentando. Nei livelli tecnico e tecnologico, possono lucrare e vogliamo finirla con questo, perché rimanda i fini educativi essenziali delle istituzioni. Secondo, democratizzare il sistema nel suo insieme, e terzo che le Università dello Stato siano finanziate da questo al 100% e che si destinino risorse per la creazione di istituzioni tecniche pubbliche di qualità, perché nel Cile non esistono.
- In Colombia si sta studiando un progetto di riforma dell'istruzione superiore che permetterebbe il lucro nel settore…
Nel Cile è dimostrato che il lucro è un fallimento: dovete vedere la nostra esperienza. Inviteremo gli studenti colombiani a opporti a questo punto della riforma, non possiamo permettere uno sviluppo disuguale nella regione.