mercoledì 6 luglio 2011

Sfratti e fermi evitati: così gli indignados stanno cambiando la Spagna

Con lo scioglimento delle acampadas sembra che gli indignados siano scomparsi di scena. Certo, in attesa del 23 luglio, quando arriveranno a Madrid le colonne partite da Valencia, Barcellona, Siviglia, Paesi Baschi, Galizia e Asturie, impegnate, lungo il cammino, in un compito ben più importante: portare le ragioni della indignación nelle cittadine e nei paesini che, lontani dalle grandi città, hanno poche occasioni di confronto con quello che bolle altrove in pentola.
Sembra che i media si occupino meno degli indignados, certamente succede all'estero, ma non sarebbe corretto dire lo stesso dei media spagnoli. Li costringe a occuparsene l'opinione pubblica, che appoggia il movimento con percentuali bulgare: secondo l'ultimo sondaggio pubblicato giorni fa da El Pais oltre l'80% degli spagnoli simpatizza con l'ondata di indignación che ha pervaso il Paese. Li costringe anche la classe politica, che sta iniziando a recepire, spinta dalle simpatie di cui gode il movimento, alcune delle istanze provenienti dal Movimiento 15 M. Lo sta facendo soprattutto il PSOE, che non intende perdere i valori di sinistra, nonostante applichi politiche di destra: il cortocircuito a cui è sottoposto il partito è notevole e sarà interessante scoprire come ne uscirà. Nei giorni scorsi il candidato in pectore per le elezioni del 2012, Alfredo Pérez Rubalcaba, ha duramente attaccato le banche, uno degli obiettivi preferiti degli indignados: "Basta dare solo ai cittadini che li hanno chiesti la colpa di tanti mutui che rimarranno scoperti: se i cittadini che non avevano i soldi per chiederli hanno le loro responsabilità, non le hanno forse anche le banche che li hanno concessi sapendo che non avrebbero recuperato il denaro prestato?" ha detto sostanzialmente. Negli stessi giorni il governo ha confermato che dopo lo sfratto le famiglie continuino a pagare il mutuo, così come stabilito dalla legge, in modo da estinguere il debito, ma la quantità minima del loro reddito che non può essere pignorata dalle banche passerà da 700 a 961 euro o, nel caso si abbiano due familiari a carico, a 1350 euro. Non è quello che volevano gli indignados, l'estinzione del debito con la consegna della casa, ma è un importante passo avanti, ottenuto grazie alle loro pressioni. Il Ministro del Lavoro Valeriano Gomez, vicinissimo, per formazione e carriera, al movimento sindacale, ha fatto presente che "un sistema in cui il vertice delle imprese guadagna 1000 volte quello che guadagna il dipendente con il reddito più basso, non è sostenibile" e ha considerato l'ipotesi di alzare le tasse alle classi più ricche per finanziare i costi della crisi. Un anno fa la sola ipotesi che il Governo potesse alzare le tasse ai ricchi veniva bocciata dal Ministro dell'Economia Elena Salgado ed elegantemente elusa da José Luis Rodriguez Zapatero. Cosa è successo in un solo anno perché le tasse per i ricchi non siano più tabù? Sono entrati in scena gli indignados. E il Governo ha scoperto che la maggioranza degli spagnoli, sia quale sia la sua collocazione ideologica, è molto più a sinistra delle sue politiche. Ha fatto presa uno degli slogan più popolari visti alla Puerta del Sol, in plaça Catalunya e ripetuto in tutte le piazze di Spagna: "La vera violenza è guadagnare 600 euro al mese". E' stato quello slogan a capovolgere le prospettive e a costringere il PSOE, e persino il PP, a fare i conti con gli indignados.
Lo spirito partecipativo dei cittadini non è scemato con lo scioglimento delle acampadas ed è un peccato che i media stranieri non raccontino cosa stanno combinando gli spagnoli indignados, cambiando tutte le prospettive. Da giorni, in ogni angolo della geografia spagnola, decine di persone riescono, con la loro sola presenza, a bloccare gli sfratti di chi non è più in grado di pagare il mutuo. Succede a Madrid e nella sua immensa periferia, come a Barcellona o a Valencia. Attraverso le reti sociali, Twitter in primis, la Plataforma de Afectados por la Hipoteca, annuncia lo sfratto di cui è venuta a conoscenza e invita chi può a correre in soccorso della famiglia malcapitata. L'ultima volta, a Madrid, erano in 200: una donna disoccupata di 55 anni, con a carico una figlia disoccupata e un figlio con handicap al 77%, aspettava l'autorità giudiziaria che doveva eseguire lo sfratto; vista la folla, pacifica e con le mani in alto, come sempre, dal Tribunal Superior de Justicia de Madrid hanno preferito non mandare nessuno e rimandare sine die lo sfratto "per motivi di ordine pubblico". Da giorni, ogni volta che gli indignados si presentano, lo sfratto non viene eseguito, così decine di famiglie possono ancora alloggiare nella casa che non possono più pagare; la cosa bella è la solidarietà: tra i cittadini accorsi all'ultima chiamata contro uno sfratto c'erano Anwan Khalil e Luis, due degli sfrattati che non hanno perso la casa grazie agli indignados.
Ma non ci sono solo gli sfratti e le case, nelle azioni degli indignados. Ieri Lavapiés, il quartiere multietnico di Madrid, ha dato una bella lezione a chiunque usi contro gli immigrati le derive verso la destra radicale. Al girare per Lavapiés, non è improbabile sentirsi l'unico europeo in strada, tra giovani africani e passanti sudamericani che si muovono in ogni via. In realtà il quartiere è una sorta di San Salvario madrilena, in cui convivono, non sempre in maniera armoniosa, ma in condizioni molto meno complicate di quanto vogliono far credere i media della destra, migliaia di persone di ogni parte del mondo, compresa Madrid, con i loro locali e le loro culture, tanto che in pochi anni è diventato uno dei quartieri prediletti di artisti e studenti, come il vicino La Latina. Ieri sera il richiamo è iniziato come sempre su Twitter: secondo vari utenti si stava organizzando a Lavapiés una retata di illegali e si invitava chiunque potesse a raggiungere il quartiere. Secondo la Polizia e altre fonti non è andata così: nella stazione della metropolitana alcuni poliziotti hanno cercato di fermare un senegalese che non aveva pagato il biglietto, ma, all'uscire dalla metropolitana, si sono trovati davanti a centinaia di persone che, difendendo l'africano, li hanno obbligati a ritirarsi. Un'altra versione dice che l'uomo non è stato fermato perché sorpreso senza biglietto, ma perché senza documenti: una giovane donna spagnola, visto il fermato contro la parete, ha chiesto ai poliziotti se era un sin papeles, un illegale, e alla risposta affermativa, ha raggiunto immediatamente la plaza de Lavapiés, dove era in corso un'assemblea di quartiere, e ha informato i partecipanti del fermo dell'africano. Insomma, non è chiaro perché il senegalese sia stato fermato dalla Polizia, le versioni sono contrastanti, quella che è chiara è la reazione popolare. "Nessun essere umano è illegale" è stato lo slogan gridato dalle centinaia di persone corse in aiuto dell'africano (tra loro spagnoli, europei, africani e latinoamericani, ché la solidarietà conosce frontiere). Fermano un cittadino che fa quello che può per guadagnarsi onestamente il pane e non fermano gli imprenditori che magari gli danno una paga da miseria o i banchieri che ci stanno strozzando! commentano gli spagnoli indignati, rovesciando ogni prospettiva data per acquisita. Il nemico non è l'immigrante che ci toglie il lavoro, dicono i fatti di Lavapiés, il nemico è chi toglie dignità a entrambi per continuare ad arricchirsi, insensibile allo sfacelo nelle vite altrui e alla dignità delle persone.
Vedete come gli indignados hanno dato voce ai senza voce e come stanno cambiando i punti di vista, le prospettive della società, davanti agli stessi fatti di sempre? Il movimiento 15-M sta cambiando la società spagnola da dentro e chissà che non stia facendo della Spagna uno dei laboratori della nuova sinistra che verrà (e non tutti gli indignados sono di sinistra, questo sia chiaro e nessuno lo dubiti).