giovedì 8 marzo 2012

L'America Latina, il continente dei femminicidi e delle donne presidenti

Il continente di violenti femminicidi e del maggior numero di donne al potere. Sono le contraddizioni dell'America Latina, che elpais.com analizza in un bell'articolo, da Dilma Rousseff fino ai femminicidi di Ciudad Juárez, passando per la proibizione assoluta dell'aborto nel Nicaragua. Interessante, leggerlo l'8 marzo. In spagnolo è su elpais.com

Negli stessi Paesi in cui si registrano i tassi più alti di assassini per violenza di genere e le maggiori proporzioni di gravidanze di adolescenti, le donne hanno ottenuto i più spettacolari livelli di partecipazione politica femminile del mondo. Latinoamérica, un continente segnato dalla disuguaglianza, ma anche dal successo economico in piena crisi, maltratta le sue donne e, allo stesso tempo, esse stanno ottenendo quote di potere sconosciute anche nella maggior parte dei Paesi europei, in cui, per esempio, non si sono ancora viste una presidente o una premier elette, cosa che in questa parte del pianeta è stata inaugurata nel 1990 con Violeta Chamorro, nel Nicaragua, e che oggi inizia a essere un fatto poco meno che comune.
In questo momento il 40% della popolazione del subcontinente americano è governato da donne: Dilma Rousseff in Brasile, Cristina Fernandez in Argentina e Laura Chinchilla nel Costa Rica. Si è candidata, con possibilità di arrivare alla presidenza del Messico, la messicana del partito governante, il Pan, Josefina Vázquez Mota. Nel caso in cui a luglio vincesse le elezioni, la percentuale di cittadini latinoamericani governato da presidenti donne salirebbe al 60%. Di nuovo, il grande contrasto latinoamericano sarebbe più scoperto che mai, essendo il Messico un Paese in cui ci sono Stati che giustificano ancora il crimine d'onore e in cui ci sono zone con donne perseguitate, torturate e selvaggiamente assassinate, in fatti di sangue che stanno devastando una parte importante del Paese.
Al margine dell'estrema violenza in cui l'hnno condotto il narcotraffico e la corruzione in alcune regioni, il Messico ha registrato nel 2009 1858 morti machistas, secondo l'Instituto Nacional de las Mujeres, che non figurano, però, nelle statistiche ufficiali compilate dalla CEPAL (Comisión Económica para América Latina y el Caribe). In queste statistiche si osserva l'elevatissimo indice di morte di donne per mano dei loro compagni o ex compagni, con record impressionanti in Paesi come Uruguay e Repubblica Dominicana.
Nel Messico alla violenza di genere si unisce l'assassinio delle donne fuori dall'ambito familiare, nel cosiddetto femminicidio, un fenomeno che scuote il mondo intero e per il quale il Governo della Repubblica è stato condannato dalla Corte Iberoamericana de Derechos Humanos, al non perseguire i colpevoli e al non proteggere sufficientemente le vittime. Nello stesso Paese le donne godono oggi di una forza elettorale indiscutibile, ragione per cui Josefina Vázquez Mota sembra vedersi obbligata ad avvertire: "Non voglio arrivare alla presidenza in quanto donna, ma per quello che propongo".
Qual è la ragione per cui in Latinoamérica c'è un contrasto così pronunciato sullo status delle donne? "Ah, questa è al domanda da un milione di dollari!" risponde María Jesús Aranda, ex difensore del popolo di Navarra e adesso consulente di genere della Segib (Secretaría General Iberoamericana). E' la domanda del milione perché Aranda non crede che gli standard machistas di Latinoamérica siano molto diversi da quelli del resto del mondo. Segnala l'alto indice di abbandono scolastico, l'alta mortalità materna (legata alla logica di questa carenza scolastica) e l'assenza di dati sufficienti per conoscere in profondità, per esempio, il fenomeno del femminicidio, che la Segib sta analizzando. Non ci sono neanche dati esaustivi per sapere se la violenza contro le donne è in aumento o sta decrescendo. Al momento, sul femminicidio c'è solo un'immagine fissa, anche se alcune analisi segnalano che c'è una ripresa importante, soprattutto nel cosidddetto triangolo nero (El Salvador, Honduras e Guatemala), una zona, con Messico e Costa Rica, in cui si registra un prospero mercato regionale di sfruttamento e tratta delle donne.
Insieme a realtà sociali di una crudezza spaventosa, ci sono dati positivi che spingono alla speranza. Aranda parla dei miglioramenti educativi delle latinoamericane. Anche Maria Emma Mejia, ex Ministro colombiano dell'Istruzione degli Esteri, e adesso segretaria generale di UNASUR, lo sottolinea. "Nella scuola superiore si sono superati gli uomini. Il 53% degli universitari è donna, si stanno occupando posti di potere molto importanti e quando questo succede si producono i cambi legislativi più importanti. Il caso di Michelle Bachelet nel Cile è esemplare in questo senso. Durante il suo mandato si sono ottenuti risultati senza precedenti, come il diritto al divorzio".
Dopo una dura battaglia Bachelet è riuscita anche a far approvare l'uso della pillola del giorno dopo, per ridurre il numero delle gravidanze delle adolescenti, un fenomeno che danneggia profondamente le aspettative femminili di vita. Ma anche le sconfitte di presidenti come la cilena per migliorare le condizioni di vita della popolazione femminile sono clamorose. In piena campagna elettorale Dilma Rousseff concesse un'intervista a Marie Claire, in cui affermava che l'aborto è "una questione di salute pubblica" e aggiunse che ci sono troppe donne in Brasile che muoiono per abortire in circostanze precarie. La pressione dei cattolici e delle chiese evangeliche la costrinse a ritrattare e a rinunciare a qualunque progetto di legalizzazione dell'aborto, in un subcontinente in cui c'è solo la legge con limiti di Cuba e di Città del Messico e in cui i casi di adolescenti violentate e obbligate a essere madri non sono straordinari. Succede, anche se non solo, nel Nicaragua di Daniel Ortega, in cui non si può ricorrere all'aborto neanche in caso di violenza. In Argentina Cristina Fernández è riuscita a legalizzare il matrimonio omosessuale, ma il Parlamento ha rifiutato la legge dell'aborto con causa, che avrebbe messo freno alla strage degli aborti clandestini. In Latinoamérica muoiono ogni anno 4mila donne nei 4 milioni di aborti illegali che si registrano. Gli indici di maternità delle adolescenti sono elevatissimi. Quelli di Nicaragua, Honduras o Panama, i più alti di Iberoamérica, moltiplicano quasi per 10 quelli registrati in Spagna o in Portogallo, secondo i dati dell'Osservatorio dell'Uguaglianza di genere della CEPAL.
Dietro il giogo che opprime le latinoamericane c'è la ferrea alleanza tra la Chiesa e le classi dirigenti. La pressione sociale è così forte che, secondo la giornalista di Clarín Matilde Sánchez (articolo di El País del 10 febbraio 2011), porta al paradosso secondo cui le donne hanno potere, ma non godono, a livello sociale, di autentica uguaglianza, a causa della struttura conservatrice della famiglia e del ruolo della donna al suo interno. Per Walda Barrios-Klee, consulente dell'Union Nacional de Mujeres Guatemaltecas, la straordinaria violenza che soffrono le donne sarebbe attribuibile, però, alla loro maggiore indipendenza. Il loro maggiore protagonismo nelle sfere del potere, secondo María Emma Mejía, si deve a una ferrea volontà politica (11 Paesi hanno stabilito quote femminili) e alla peculiare forza delle latinoamericane. "Ricordo che durante i negoziati di pace, in Colombia, ebbi molti contatti con il mondo rurale ed è vero che lì le prime che toglievano dalle scuole erano le bambine, ma è vero anche che la quasi totalità della leadership sociale contro il narcotraffico, per esempio, era femminile" racconta Meija.
Davanti alla corruzione, principale generatrice dell'estrema violenza, che colpisce alcune aree dell'America Latina, le donne sono percepite dalle popolazioni dei diversi Paesi come buone amministratrici. I sondaggi realizzati dalla CEPAL dimostrano l'opinione favorevole verso la leadership femminile, che, però, i grandi partiti cercano però di frenare, secondo i dati delle stesse inchieste. "Le si percepisce come più efficaci, più impegnate e più comprensive" spiega Mejía "cosa che credo sia universale e vedo anche nella leadership di Angela Merkel in Germania, per esempio".
Le donne possono essere implacabili anche contro le irregolarità, e in questo senso si usa come esempio la presidente brasiliana Dilma Rousseff, che ha sopportato la difficile prova di prescindere, durante la prima fase del suo mandato, di ben sette ministri accusati di corruzione.