domenica 15 aprile 2012

Cuba e la legalizzazione della droga allontanano l'America Latina dagli USA

C'è stato un durissimo dibattito tra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il presidente della Colombia Juan Manuel Santos, tra il principale consumatore e il principale produttore di droga, ieri sera a Cartagena de Indias, in Colombia, durante il vertice delle Americhe.
Durissimo nei contenuti, non nelle forme: Obama e Santos hanno un rapporto cordiale, così come quello tra i loro Paesi, si rispettano mutuamente e almeno su una cosa sono stati d'accordo. Il continente deve discutere le forme di lotta al narcotraffico, essendo fallite quelle utilizzate finora.
Per Santos la tolleranza zero è risultata inefficace, dunque è "più opportuno e conveniente fermarsi e fare una valutazione, per sapere dove siamo e dove andiamo. Nonostante gli immensi sforzi e costi, il business della droga continua, la tossicodipendenza è un problema grave di salute pubblica e il narcotraffico è il principale finanziatore della violenza e del terrorismo. Crediamo sia necessario iniziare una discussione senza pregiudizi e domi, che contempla le possibili alternative per affrontare la sfida con maggiore capacità. Una discussione rigorosa sui costi di qualunque alternativa". Obama, da parte sua, ha riconosciuto le responsabilità degli Stati Uniti, ha affermato di credere "completamente legittimo intavolare una conversazione sulle leggi esistenti e su se hanno causato forse più danni". Per il presidente statunitense "la legalizzazione non è la risposta" perché ritiene che "aprirebbe a un commercio massiccio delle droghe".
A dividere i due presidenti, anche Cuba, l'altra grande questione del continente. Gli Stati Uniti impediscono la partecipazione dell'isola agli appuntamenti continentali, per Santos è un "anacronismo della Guerra Fredda" e "sarebbe inaccettabile un nuovo vertice senza Cuba presente". Però Cuba continua a essere una spina nel fianco: Canada e USA si sono rifiutati di inserire la questione cubana nel documento finale. E alla fine il presidente colombiano, con la sua insistenza a lasciare da parte "i pregiudizi ideologici" in tutte le questioni che ha affrontato, è apparso molto più aperto, coraggioso e disponibile del presidente statunitense, nonostante le loro ideologie, conservator-moderata quella del colombiano, moderato-progressista quella dello statunitense, sembrino dire il contrario.
L'impressione è che questa rigidità statunitense, questa incapacità di capire sensibilità e istanze latinoamericane, finisca con l'allontanare sempre di più l'America Latina da quella anglosassone del Nord. Se Rafael Correa ha già annunciato l'assenza dell'Ecuador dagli appuntamenti interamericani fino a quando sarà presidente, nel caso non sia ammessa anche L'Avana ai vertici, il Venezuela e i Paesi alleati dell'ALBA potrebbero fare lo stesso a partire dal prossimo vertice. Lo ha annunciato il Ministro degli Esteri Nicolás Maduro, massima autorità venezuelana presente, in assenza di Hugo Chávez, tornato a Cuba per la radioterapia contro il suo cancro.
Ma è la legalizzazione delle droghe, più di Cuba, a muovere le attenzioni internazionali del vertice. Troppi gli interessi in gioco nei Paesi produttori e di passaggio, troppa violenza, troppa insicurezza, troppa corruzione, per non cercare una soluzione alternativa alla lotta ai narcos. Tra i presidenti più attivi, in favore dell'apertura di una discussione per la legalizzazione c'è il guatemalteco Otto Pérez: il suo piccolo Paese centroamericano è diventato terra di passaggio della cocaina sudamericana verso il Nord e la conseguenza è una violenza e un'insicurezza senza precedenti, in un Paese che sta uscendo faticosamente dalle devastanti ferite della guerra civile. Lascio qui di seguito, in italiano,  l'intervista che ha rilasciato al quotidiano colombiano El Tiempo:

- Quando ha disegnato questa nuova strategia di lotta contro la droga? Sembra che la stava maturando da tempo…
Sono stato nella lotta contro il narcotraffico 20 anni fa, quando sono stato direttore dell'intelligence del Guatemala. Ma, arrivato alla Presidenza, ho trovato che i carteles sono cresciuti, che il consumo è aumentato, così come gli omicidi e tutti i delitti legati al narcotraffico, e vedo che la politica che abbiamo applicato non è l'adeguata. Questo mi porta a pensare ad alternative per una lotta più efficace.
- Il presidente Obama dice che legalizzare le droghe non elimina il pericolo che rappresenta il crimine organizzato e propone, invece, di ridurre la domanda
Queste misure non sono innovatrici. Rispetto la posizione del presidente Obama, mi pare che la sua proposta non si possa scartare. Credo che sì, si possa investire di più in misure di prevenzione, ma ci sono altre alternative sul tavolo, come quelle che proponiamo.
- Ci si aspetterebbe che un militare in ritiro, come lei, dia priorità alla lotta armata, nella sua strategia contro la droga…
Lo facciamo e continueremo a farlo. Non diremo, "no al combattimento", ma sì dobbiamo chiamare al discutere se esistono nuove strategie
- Si aspettava la reazione negativa degli USA alla sua proposta?
Sì, meno di 24 ore dopo aver fatto io la proposta pubblica, a marzo, l'ambasciata USA nel nostro Paese si è pronunciata, dicendo che la rifiutava. La reazione è stata molto rapida. Loro volevano che il dibattito non crescesse, ma il tema ha preso il volo e abbiamo ricevuto risposte positiva da altri Paesi.
- Sembra che la legalizzazione non avrà successo fino a quando non sarà approvata dagli USA. La sua proposta, allora, è simbolica?
No, penso che sia un dibattito mondiale. Ovviamente è importante il peso degli USA, che, credo, abbiano dato passi importanti sull'argomento.
- Ha accusato gli USA di boicottare il vertice regionale convocato da lei per parlare di droga, dato che vi hanno preso parte solo Panama e Costarica…
Sì, l'ho detto pubblicamente. Credo che la riunione sia stata positiva, abbiamo messo il tema sul tavolo. Sappiamo che è difficile parlare di depenalizzazione, è come un tabù per i presidenti in carica. Noi stiamo rompendo questo tabù. Ho anche detto che ci sono state pressioni degli USA, affinché alcuni Paesi non venissero.
- USA è il maggior Paese consumatore, ma ci sono anche i produttori come Perù e Colombia. Crede che potrebbero fare di più per risolvere il problema?
Sì, credo che si possa fare molti di più, ma dovremmo farlo insieme, perché non è solo il Guatemala o i Paesi di qua. Dobbiamo adottare politiche, frutto di accordo tra produttori, Paesi di transito e consumatori.
- Ha ricevuto critiche per usare i militari nella lotta antidroga
Ogni Paese ha la sovranità per decidere come affrontare questi problemi. Credo sia valido impiegare uno strumento pagato con le tasse dei guatemaltechi, a vantaggio dei guatemaltechi.