venerdì 6 aprile 2012

La critica è unanime: Grupo 7 è il film spagnolo dell'anno

Dicono sia uno dei film spagnoli dell'anno e che No habrá paz para los malvados, il trionfatore degli ultimi Premi Goya, abbia aperto la strada ai polizieschi di impronta spagnola, che Grupo 7, pur essendo stato girato prima, segue degnamente.
Non ci sono ancora i dati degli incassi di questi primi due giorni sugli schermi di Grupo 7, film del regista sivigliano Alberto Rodriguez, ma se corrispondono alle critiche positive,lette su una stampa difficilmente tenera con i prodotti di casa, allora siamo davanti anche a uno dei campioni di incassi dell'anno.
La trama è già stata raccontata su Rotta a Sud Ovest: pochi mesi prima della Expo92, un gruppo di poliziotti forma una squadra speciale per pulire le strade di Siviglia di delinquenti, spacciatori e drogati e offrire al mondo l'immagine di una città sicura. Tra i motivi d'interesse ci sono questa nuova immagine di Siviglia, lontana dai suoi stereotipi e forse, per la prima volta, senza SettimaneSante-FeriadeAbril-Rocio di mezzo, e l'interpretazione di Mario Casas, idolo giovanile di solida simpatia, ma dalle sconosciute capacità recitative, messo per la prima volta alla prova in un ruolo più adulto, quello di un poliziotto pieno di buone intenzioni, ma anche ambizioso, sposato e padre di un bambino. Secondo le critiche entrambi hanno superato le prove ("non tutto viene cucinato a Madrid o a Barcellona" scrive larepublicacultural.es, per lanciare una frecciata al dualismo spagnolo, che si ripete anche nel cinema).
Accioncine.net va addirittura oltre e parla di un film poliziesco "esemplare, capace di dimostrare che si può fare cinema di genere senza perdere le caratteristiche del cinema d'autore, con scene d'azione trepidanti, come la persecuzione sui tetti di Mario Casas, all'inizio del film, e con interpretazioni così contenute e ammirevoli come quella del co-protagonista Antonio de la Torre. Con storie di poliziotti corrotti o corruttibili, che ci crediamo più dei loro equivalenti stereotipi nordamericani, perché in fondo sono persone più vicine, e non mi riferisco solo alla lingua, ma anche al modo di scherzare, di andare a prendere una birra, di passare la domenica in famiglia o cavarsela tra retate e retate di spacciatori in strade trattate in modo esemplare come un'altra protagonista del film".
I personaggi sono ben costruiti, come le trame secondarie, "capaci di dare vita e verità alle peripezie di questi quattro poliziotti, che, per di più, si scontrano con uno degli antagonisti meglio costruiti del cinema poliziesco che abbiamo visto negli ultimi anni".
Davvero c'è l'imbarazzo della scelta, nelle critiche positive che il film ha ricevuto. El Cultural, supplemento culturale di El Mundo, sceglie toni alla Arturo Pérez Reverte, per spiegarci che da quella Siviglia si spiega la Spagna di oggi: "All'improvviso il film di Alberto Rodriguez restituisce al genere poliziesco la sua capacità di pensare al presente. Questo, il nostro di adesso. E lo fa dalla pancia di una società in stato terminale, tanto clinicamente quanto moralmente. Il risultato è la più vorace, violenta e sincera riflessione sul tempo che ci è toccato. Ambientata mesi prima dell'apertura della Expo del 1992, il film si offre come la perfetta radiografia di un'epoca di spreco, opulenza e gel al sole. Tempi veloci di cocaina, gratis totale, ponti di Calatrava, aeroporti pedonali, biglietti da 500 (c'era la peseta, allora, non i biglietti da 500 euro di cui la Spagna è stata la principale ricettatrice d'Europa, negli anni del boom, ma non importa, si capisce il senso) e due palle dure. Tempi che promettevano il fango che adesso calpestiamo. Tempi villani. In questo modo il cinema spagnolo recupera la sensazione del colore nero in tutta la sua bellezza agonizzante e lo fa per mostrarci, dai quartieri più inquieti di Siviglia, quello che siamo adesso. Qualcuno potrebbe pensare che l'avventura estiva di un gruppo di poliziotti coinvolti tra droga, puttane e spacciatori, decenni fa, appartenga a un tempo che non ci importa e non ci riguarda. Noi e i nostri treni AVE, le nostre Città della Scienza e i nostri mutui non pagati, non siamo questo. E, però, questo odore di marcio, di spazzatura ancora calda, è esattamente lo stesso dei cadaveri seppelliti male. All'improvviso Siviglia nella Spagna del 1992 è esattamente la ragione per cui viviamo nella Spagna di oggi".
Ovunque ci sono complimenti anche per Mario Casas, da "finalmente inizia a recitare" a "un attore che, oltre ad essere un'icona mediatica come sex symbol, dimostra qui che può affrontare un ruolo da protagonista tranquillamente, senza perdere il gesto e conquistando al telecamera e lo spettatore". Riconoscimenti anche per il resto del cast, in primis Antonio de la Torre, e le attrici Inma Cuesta, Lucía Guerrero e Diana Lázaro. E viene da pensare che è un film irresistibile per la città in cui è ambientato, ma se lo slogan è Mario Casas finalmente recita!, come resistere?
Grupo 7 è stato selezionato per il Festival di Tribeca, na vetrina internazionale che, chi lo sa, potrebbe aiutarlo a sbarcare in Italia. Altrimenti c'è sempre Internet, per rimediare alle lacune delal distribuzione italiana.