domenica 10 giugno 2012

El Pais: chi sta peggio, l'Italia o la Spagna?

"Loro" si paragonano a "noi" per quest'ansia che li corrode dentro di essere considerati una potenza. "Noi" ci paragoniamo a "loro" per paura di perdere lo status di potenza che l'essere patria di Roma, del Diritto e della Cristianità, oltre che Paese fondatore e quarta economia, ci dà in Europa. Non so se il calcio può essere una buona metafora dei rapporti Spagna-Italia, ma qualunque italiano che ha rapporti frequenti con la Spagna rimane sorpreso per l'aggressività con cui viene trattato dagli spagnoli nelle conversazioni calcistiche e si sente sempre indispettito quando "loro", parvenu, "osano" paragonarsi alla Nazionale europea più vincente della storia; "loro" cercano di sminuirci, per dimostrarci che sono grandi, noi li ridimensioniamo con i nostri numeri, per sentirci sempre una potenza. E' la dinamica del rapporto attuale tra i due Paesi.
E alla vigilia della partita che li mette ancora una volta l'una contro l'altra, anche se non è un quarto di finale (ed El Pais è l'unico quotidiano spagnolo ad ammettere che la Spagna non ha mai segnato contro l'Italia durante gli Europei), il rescate del sistema bancario spagnolo, arrivato dopo mesi di agonia che hanno messo in secondo piano le difficoltà italiane, ritorna l'eterno duello: Italia o Spagna? Perché il rescate è toccato alla Spagna e l'Italia (per ora) si è salvata? Perché, alla fine, agli occhi spagnoli noi siamo sempre quelli che se la cavano e loro sono sempre quelli che pagano, espulsi dal giro delle grandi potenze, così come è stato dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando l'Italia è stata salvata dal fascismo e la Spagna è stata condannata a 40 anni di immobilismo franchista? Perché, alla fine, noi siamo sempre quelli che si stupiscono del dispetto spagnolo, sentendo che "noi" "siamo" e "loro" "vorrebbero essere"?
Non so se Italia e Spagna un giorno si capiranno e la pianteranno con questi duelli, ma oggi c'è questo articolo di Moisés Naim, uno dei giornalisti di El Pais che leggo sempre molto volentieri, per il gusto di apprendere da altri punti di vista, che si chiede chi davvero stia peggio, se la Spagna del rescate o l'Italia dei tecnocrati. La risposta finale, sulla via del riscatto e della prosperità economica di entrambi i Paesi è una delle più sensate e condivisibili che si leggono in giro.
In spagnolo è qui e che gli dèi ce la mandino buona oggi pomeriggio alle 18, a Danzica.

Economicamente, la Spagna; politicamente, l'Italia. Ma siccome la cattiva situazione politica danneggia generalmente l'economia e la cattiva situazione economica avvelena la politica, è possibile che la risposta si inverta. La situazione politica della Spagna si può deteriorare e il vantaggio economico che per ora l'Italia ha sulla Spagna può svanire rapidamente. In tutti i casi, la cosa importante è che entrambe stanno male e che la loro situazione è molto volatile. In questi momenti, l'emergenza è salvare le banche spagnole, ma fino a poco fa lo è stata la possibilità reale che l'Italia perdesse l'accesso al finanziamento internazionale, una minaccia che prima aveva allarmato la Spagna. E prima abbiamo avuto la crisi politica dell'Italia, che ha paralizzato la presa di decisioni e ha condotto alla sostituzione di Silvio Berlusconi con Mario Monti. E così saltano le emergenze da un Paese all'altro, provocando soprassalti che fanno della stabilità e della prevedibilità ricordi remoti. E' prudente supporre che le emergenze e le sorprese continueranno finché non apparirà uno sfondo di politiche economiche per tutta l'Europa, che sia socialmente tollerabile, finanziariamente credibile e sostenibile nel tempo.
Ma la cosa certa è che chi è entrata al pronto soccorso dell'ospedale finanziario è la Spagna. I mali che toccano questo paziente sono il risultato di 15 anni di cattive abitudini e della sua rinuncia a cambiare stile di vita economico. Come sappiamo, niente di meglio che sopravvivere a un infarto per smettere di fumare, mangiare più insalata e fare più ginnastica. Magari si fosse fatto qualche anno fa, quello che è stato fatto negli ultimi tempi. La Spagna lo ha fatto tardi, per metà e malvolentieri, ma almeno ha iniziato ad abbandonare le cattive abitudini, come, per esempio, nascondere al pubblico le cattive cartelle bancarie accumulare per decenni e più da politici che si sono fatti passare per bancari.
Ma adesso la priorità è sopravvivere all'infarto e cercare che le sue conseguenze siano minime. Sappiamo anche che la cosa importante è evitare nuove malattie che si acquisiscono all'entrare nell'ospedale finanziario. Come negli ospedali veri, i pronto soccorso finanziari sono pieni di virus e abbondano in essi le cattive pratiche, che, invece di curare, indeboliscono il paziente ancora di più (l'iper-austerità, per esempio).
Ma niente di questo sarà sufficiente per sanare il malato. Per ridargli la stabilità a lungo termine e metterlo sul cammino della prosperità bisogna fare cambi ancora più profondi. Così come segnalato da Uri Dadush, un economista del Carnegie Endowment, le radici della crisi europea non sono di natura fiscale o finanziaria. Risultano dalla perdita di competitività di Paesi come la Spagna e l'Italia, specialmente nei confronti della Germania. Dadush ha calcolato che tra il 1997 e il 2007 il tasso di cambio reale si è rivalutato in Spagna dell'11% e in Italia del 9% (questo vuol dire che le loro esportazioni sono diventate più care nelle stesse proporzioni). Nel frattempo, in Germania, nello stesso periodo, il tasso equivalente è sceso del 14% (cioè, le sue esportazioni sono diventate meno care nella stessa proporzione). Inevitabilmente questo ha fatto sì che le esportazioni di Spagna e Italia diminuissero e che quelle della Germania aumentassero. Nel decennio che ha preceduto la crisi, il totale delle esportazioni della Spagna (espresse come proporzione totale dell'economia) sono cadute del 3,4% e quelle dell'Italia dell'1%, mentre quelle della Germania sono aumentate di uno straordinario 20%. Nonostante questo l'economia spagnola è cresciuta di un tasso che ha duplicato quello italiano; un'espansione economica che, come sappiamo, si è basata sul settore della costruzione. In Spagna quest'industria passò a essere il 4% dell'economia nel 1995 al 12% nel 2007. In Italia è passata dal 4% al 6%. Questo spiega, in parte, perché le banche spagnole sono più deboli delle italiane.
Spagna e Italia devono cercare nuove fonti di crescita economica. E queste non possono che venire dal settore privato, più capace di competere con i mercati mondiali. Questo, e non l'austerità fiscale o le acrobazie finanziarie, sarà quello che impedirà che il paziente debba tornare periodicamente al pronto soccorso.