domenica 29 luglio 2012

Marco Enriquez-Ominami: il Cile che sogno, dopo la sconfitta alle elezioni del 2009

Nel 2009 Marco Enriquez Ominami è stato il candidato alle elezioni presidenziali del Cile che ha fatto sperare in un Paese diverso. Giovanissimo (è nato nel 1974), di bell'aspetto, sposato a una stella mediatica, la giornalista e presentatrice tv Karen Doggenweiler, proponeva un Cile che sapesse coniugare libero mercato e Stato Sociale, per affrontare finalmente le enormi differenze sociali che impediscono di considerare davvero un successo i positivi risultati economici della democrazia; parlava anche di riforme fiscali, di istruzione pubblica e gratuita, di diritto all'aborto e di matrimonio per le coppie dello stesso sesso, in uno dei Paesi più conservatori del continente (era stata Michelle Bachelet a vantare quanto fosse simbolico, in un Paese come il Cile, che lei, donna, socialista, divorziata, atea e madre single fosse arrivata al Palacio de La Moneda, alla presidenza del Paese).
Dopo la sconfitta al primo turno, ME-O, come ama farsi chiamare, è sparito di scena. Facile pensare che fosse stato inghiottito dall'anonimato, dopo aver fatto pensare a un Cile troppo progressista per le elites e l'establishment del Paese. Invece no. In questi tre anni di silenzio mediatico il giovane politico, oggi 38enne, ha percorso palmo a palmo il Cile, ha incontrato persone, ha ascoltato storie e richieste e ha fondato il Partito Progresista (PRO), che prosegue il suo sogno di sinistra, per rilanciare le istanze delle classi più deboli del Paese, davanti alle delusioni del governo di Sebastián Piñera e alle evidenti lacune della Concertación. La prima prova, per il nuovo partito, le elezioni municipali di quest'anno e, poi, nel 2013, una nuova corsa per La Moneda.
La rivista Qué Pasa ha incontrato ME-O nella sua casa santiaguina e il risultato è una lunga intervista in cui il giovane politico racconta la sua traversata nel deserto lunga tre anni e tutto quello che ha imparato dalla sconfitta alle presidenziali del 2009. Se capite lo spagnolo e vi interessa quello che succede nel Cono Sur (ma anche se vi appassiona scoprire che si possono avviare progetti riformisti anche avendo meno di 40 anni), non perdetevela, a questo link; in italiano, alcune delle parti che mi sono piaciute di più

- Com'è stato il cammino, dopo le elezioni?
Sono stati due anni e mezzo senza alcun incarico. E' stata una traversata con molto contenimento, di resistenza, di non parlare quando non devi, di camminare discretamente, di accettare che devi anche accumulare forze, che non è il tuo momento. E' un cammino di apprendimento. Credere che tutti gli anni sono i miei... no, no. Il 2009 hai colpito, ma nel 2010 era necessario accumulare forze.
- E' anche passato ad avere un ruolo più istituzionale, come è l'essere presidente di un partito; una cosa molto politica
Sono maturato, sono cresciuto. Ho imparato dai miei errori e dalle cose che ho fatto bene. Nel 2009 la mia campagna elettorale conteneva una certa ribellione contro gli errori della Concertación. Avevamo un progetto di futuro, ma era alimentato da quello che era successo prima. Adesso il progetto progressista è solo sul futuro, imparando dalle lezioni lasciate dal passato.
- Come è stato questo processo?
In questi tre anni, in silenzio, ho percorso il Cile varie volte. Sono stato in 240 comunas. Ho percorso l'America Latina, ho costruito rapporti di fiducia con i leaders politici di Europa, America del Sud e Centro America.
- E perché ha scelto un profilo più politico?
Dato che è di moda sparare contro la politica, ho imparato che la politica è lo spazio della perseveranza, in cui una buona idea non solo deve essere condivisa da tutti, ma in cui uno deve anche perseverare per arrivare alla gente. In questo senso, c'è stato un processo di riflessione sul mio pensiero, di confronto empirico con la realtà. Nel 2009 ho scommesso sull'impatto, adesso cerco la perseveranza. Così stiamo accumulando forze.
- Ma oggi la critica ai partiti è più forte
Nel 2009 anche ho fatto il contropelo: quando tutti erano nella partitocrazia, io mi sono candidato come indipendente. Adesso, è stato per un tecnicismo elettorale: di più, non credo che esista un pensiero indipendente. Il partito è il modo per entrare nelle regole del gioco e poterle così cambiare. E' la stessa discussione che c'è stata nel 1987: perché entrare nel Plebiscito, se Pinochet era un dittatore? L'unico modo per cambiare le cose che io conosco, per ora, sono le elezioni.
- E' consapevole del fatto che non rappresenta più la novità?
Non sarò più nuovo, ma posso essere originale. Ovviamente la prima impressione non si ripete due volte, e la prima impressione è già passata. C'è stato impatto nel 2009, adesso si tratta di costruire un progetto sulla responsabilità fiscale, sulla spesa fiscale, sulla società solidale che sogno. E' un' altra sfida.
- Crede che ci sia un rischio che la vedano come parte della vecchia politica, all'essere già stato candidato?
La gente non è stupida, se un politico parla, agisce e pensa come la vecchia politica, la gente si rende conto che è un politico del passato. Io no. Alcuni hanno pensato che ero come una cometa, ma poi sono venute le proteste studentesche, ci sono state l'Aysén, Calama... Credo che siamo a un punto di non ritorno.
- Chi ha votato per lei nel 2009, che Marco trova adesso?
Ho posizioni più profonde su certe questioni controverse: Chiesa-Stato, mercato-Stato. Credo anche che il Cile sia un Paese di caste, iper-classista. Nel Cile ti chiedono il secondo cognome, che è una logica molto coloniale. Sono più radicale su queste cose, più duro. Il problema sono le regole di convivenza. Sono convinto che le società solidali dipendano prima di tutto dal fatto che abbiamo regole democratiche. Che l'esclusione in politica sia esclusione sociale. E l'economia non si mangia la politica; la politica si mangia l'economia.
- Cioè, per lei i cambi passano attraverso la politica
Esattamente, tutti i temi dei grandi dibattiti di Piñera, sono stati economici o politici? La scuola, HidroAysén, Castilla... Le crisi di Piñera dove sono state? se ci pensa bene, nessuna è stata per l'economia.
- Dopo la sconfitta del 2009 ha studiato i casi di Mitterrand, Allende, Lula e Humala, che persero le loro prime elezioni alla presidenza. Come ha deciso di studiare i loro casi?
"La democrazia ha anche bisogno di buoni perdenti. Quando non ci sono buoni perdenti, non c'è buona democrazia" mi ha detto una volta Antana Mockus (l'ex sindaco di Bogotà, che ha perso le elezioni presidenziali colombiane contro l'attuale presidente, Juan Manuel Santos NdRSO). A me è toccato non vincere nel 2009, mi è toccato, come a tutti i cileni il trauma del terremoto, il primo governo di destra e, in questo contesto, ho preso una decisione molto controcorrente nei confronti del senso comune, che è stata costruire un partito, creare una fondazione e dedicarmi alla dinamica programmatica.
- Come considera che la principale carta della Concertación sia Michelle Bachelet?
Conoscete il film Il giorno della marmotta? E' il giorno della marmotta, esattamente come nel 2009. Per il 2013, i leaders della Concertación mi stanno dicendo che il cambio e il futuro li incarna un ex presidente. Credo di no. C'è un mondo che è cambiato in due anni
- Come vede un suo eventuale ritorno?
A La Ligua, quando ero deputato e lei era presidente, disse una frase brillante, molto bella: "Che nessuno ripeta il piatto". Mi tengo questa frase, che è molto buona. E detta da lei. La pretesa dei suoi portavoce di chiederle di ripetere il piatto è espressione della loro stessa fatica.
- Cosa le sembra che abbia scelto il silenzio?
Lei ha impedito il dibattito quando era presidente, non mi sorprende che lo rifaccia. Ma Bachelet è il passato. I cileni vogliono e hanno bisogno di guardare al futuro. Non voglio perdere il mio tempo litigando con il passato.