domenica 16 settembre 2012

Dalla Spagna né buon vento né buone spose: un libro analizza secoli di stereotipi iberici

Di questo libro, appena arrivato nelle librerie portoghesi e ancora senza una traduzione in spagnolo, sento parlare da un po' di tempo e lo segnalo ai cultori delle cose iberiche (che sanno il portoghese). Lo ha scritto la 33enne giornalista spagnola Virginia López, da una decina d'anni residente a Lisbona per matrimonio, e si intitola De Espanha, nem bom vento nem bom casamento (Dalla Spagna né buon vento né buon matrimonio), come uno dei proverbi più comuni in Portogallo sulle relazioni con l'ingombrante vicino. Pare che se lo sentano ripetere tutte le donne spagnole sposate in Portogallo (e perché non gli uomini spagnoli?!).
E' un po' una sintesi del rapporto sospettoso tra i due grandi Paesi della Penisola Iberica; probabilmente non esistono due vicini che si snobbino, inspiegabilmente,  più di spagnoli e portoghesi. In realtà sono più gli spagnoli a snobbare i portoghesi: i primi quasi non frequentano il Portogallo, i secondi, per ovvie ragioni geografiche, conoscono bene la Spagna; i primi non sanno il portoghese, i secondi capiscono lo spagnolo. Lo squilibrio è più dal lato spagnolo ed è probabilmente anche per questo che i portoghesi pensano che dalla Spagna non arrivano mai cose buone, né il vento, caldo e secco d'estate e freddo d'inverno, né le spose, quasi sempre complicate.
De Espanha, nem bom vento nem bom casamento nasce dalla curiosità dell'autrice di capire le origini del proverbio e, anche, per cercare di smontarlo. Per questo studia una decina di matrimoni iberici, tra re portoghesi e principesse spagnole e, viceversa, tra re spagnoli e principesse portoghesi, fino ad arrivare all'ultimo matrimonio iberico, già in tempi recenti, tra José Saramago e Pilar del Rio. C'è anche il posto per battaglie storiche, tradimenti e per la mai risolta questione di Olivenza (Olivença per i portoghesi), la cittadina dell'Estremadura che il Portogallo sente anche come propria.
"Studiando per il libro ho scoperto molti matrimoni iberici" ha detto all'ABC, tempo fa "normalmente i re spagnoli sposavano le principesse spagnole con i re portoghesi per cercare di impadronirsi del Portogallo. A volte i matrimoni funzionavano e a volte no, a causa delle circostanze o delle personalità degli sposi. Di qui che bisogna dare un po' di ragione ai portoghesi, per il proverbio... Ma nel libro si cerca di dimostrare anche che non era solo colpa delle donne spagnole. Ci sono stati casi come quello della regina Catarina de Austria (gli spagnoli considerano de Austria i discendenti di Carlo V, appartenente alla Casata degli Asburgo), la nonna di Don Sebastião, che seppe capire i portoghesi. Lei sì che è stata iberica. In tutte le relazioni c'era rivalità, ma anche un sentimento iberico. Anche Filippo II fu iberico, lasciò sempre autonomia al regno del Portogallo. A volte i venti spagnoli sono stati favorevoli".
Il matrimonio di José Saramago e Pilar del Rio chiude la rassegna dei matrimoni iberici per rappresentare l'epoca moderna e il negoziato che presuppone oggi la vita comune tra un/a spagnolo/a e un/a portoghese: "Quando si mangia? all'1 o alle 3? Alle 2. Dopo mangiato cosa facciamo, la siesta o andiamo a prendere un caffè al bar? Ceniamo alle 8 o andiamo a prenderci una birra? Mangiamo prima il riso e poi la carne o tutto insieme? Bisogna limare tutte queste differenze e se rimonti indietro nella storia, è sempre stato così. C'è chi si è adattato e chi no. Siamo stati molto mescolati, ma dopo i Felipe, soprattutto nel XIX secolo, i due Paesi si sono dati le spalle. Con le dittature, Salazar e Franco avevano bisogno l'uno dell'altro perché avevano nemici in comune. Firmarono un patto iberico, ma sempre con un certo sospetto, mantenendo le distanze".
I rapporti tra Spagna e Portogallo sono raccontati con un tono ironico, con una certa leggerezza: "Magari c'è chi non capisce lo scherzo o chi si offende" dice Virginia "ma io mi sento 100% iberica. Rido di me, degli stereotipi e dei pregiudizi". Anche per questo cerca gli episodi sconosciuti o gli aneddoti più curiosi. Una delle storie dimenticate è quella che legò il re portoghese don Pedro a Doña Inés, che era galiziana, "ancora una volta un re portoghese si fece affascinare da una donna spagnola. Questo capitolo l'ho scritto come se fosse stata la notizia che tutti i giornali avrebbero voluto dare. Il suocero manda a uccidere doña Inés, perché non gli sembrava bene che il re avesse questa relazione. Dicono che lui si sia vendicato strappando il cuore agli assassini".
Un episodio quasi sconosciuto da parte spagnola è la battaglia iberica di Aljubarrota, perduta dagli spagnoli e raccontata nel libro come una partita di calcio: "E' uno degli episodi più importanti della storia condivisa e io lo racconto come se fosse una radiocronaca. Per molte partite che giochino i due Paesi, la grande vittoria dei portoghesi sarà sempre Aljubarrota. Ironizzo molto con la superiorità degli spagnoli, perché lì ci hanno dato una grande lezione".
Nonostante si diano le spalle, Spagna e Portogallo continuano ad avere un destino comune: usciti dalle dittature fasciste nello stesso periodo, a metà degli anni 70, entrati insieme nella Unione Europea, sono la prima e l'ultima lettera dei PIGS e si stanno impoverendo rapidamente a causa della devastante crisi economica. "In generale andiamo d'accordo, ma a volte appare ancora questa rivalità storica, soprattutto se si tratta di calcio" commenta la scrittrice "I portoghesi sentono che la fortuna sta sempre con la Spagna. La Spagna è chi ottiene il risultato e il Portogallo è quello che quasi arriva" Probabilmente la sintesi di questa relazione è Cristiano Ronaldo, che dopo i rigori della semifinale degli Europei 2012, ripete, anche a uso telecamere, "Che ingiustizia!"
Di tanto in tanto gli intellettuali portoghesi (più che spagnoli) vagheggiano Iberia, l'unione della Penisola Iberica. L'ultimo a suggerirla è stato Saramago. C'è stato anche un tentativo di prove generali, con la candidatura ibérica all'organizzazione dei Mondiali 2018, ingiustamente battuta da quella russa, visto il significato sentimentale, oltre che sportivo, che avrebbe avuto un Mundial tra lo Stadio de la Luz e il Santiago Bernabéu; c'era stata molta ilusión, tra Spagna e Portogallo, all'idea di organizzare insieme un Mondiale di calcio, lo sport più popolare in entrambi i Paesi.
Funzionerebbe Iberia, guardando questi secoli di matrimoni iberici? Virginia López descrive il rapporto tra i due popoli come "una buona combinazione. La Spagna ci crede molto di più, è convinta che può ottenere le cose, i portoghesi sono così prudenti che a volte non rischiano per non beccarsi un brutto colpo. La volontà e la forza spagnola è quello che manca al Portogallo e agli spagnoli manca la tranquillità dei portoghesi." Ce la potrebbero fare, dunque, a trovare un modus vivendi che superi l'eterna diffidenza portoghese e l'eterna indifferenza spagnola.
Certo, è curioso pensare a Iberia, mentre l'indipendenza della Catalogna rischia di essere qualcosa di più di una minaccia dei nazionalisti. E non si può chiudere questo post su stereotipi e gelosie iberiche senza citare un altro proverbio, stavolta di marca spagnola, ricordato da un lettore di elmundo.es, al fondo dell'articolo che dà notizia della pubblicazione di questo libro: "Se privi uno spagnolo di tutte e ognuna delle sue virtù, ti rimarrà un portoghese". Cose del querer tra vicini, si suppone.