mercoledì 19 settembre 2012

Re Juan Carlos e le chimere, maestre di vita

Che la ciber-lettera pubblicata ieri nel sito della Casa Reale e firmata da Re Juan Carlos non sarebbe passata inosservata, non c'erano dubbi.
E non ci devono essere dubbi sul fatto che il sovrano abbia esercitato i suoi diritti/doveri costituzionali di Capo dello Stato, all'avvertire sulla necessità di affrontare uniti le difficoltà che la Spagna ha davanti. Ho già espresso ieri le mie personali perplessità non sul diritto del Re a intervenire nella via politica spagnola, con le sue indicazioni (lo fa il Presidente della Repubblica Italiana, che ha le sue stesse prerogative di guardiano della Costituzione, perché non dovrebbe farlo Juan Carlos?), ma sui contenuti della lettera. Lottiamo uniti per difendere quello che abbiamo, dice sostanzialmente il sovrano, mentre avrebbe dovuto dire, lottiamo insieme e approfittiamo di questa crisi per cambiare il modello fallito e disegnare una nuova Spagna, più giusta e più aperta, in cui abbiano spazio tutti, anche le nazionalità tentate dalla fuga o, come ha scritto lui, tentate dalle "chimere".
Le critiche alla lettera del Re non sono state poche: si mette in politica, dà un colpo al nazionalismo catalano, difende la Costituzione, che non prevede secessioni. Insomma, ce n'è per tutti i gusti (ma io continuo a pensare che Re Juan Carlos è un Capo dello Stato e come tale ha il diritto di rivolgersi ai propri compatrioti ed esortarli all'azione e all'unità nei momenti più difficili, come fanno tutti i Capi di Stato).
Sul suo blog su publico.es, David Torres si concentra soprattutto su una frase del sovrano: "(...) In queste circostanze, la cosa peggiore che possiamo fare è (...) inseguire chimere,(...)". Cioè cercare soluzioni impossibili. Come potrebbero esserlo l'indipendenza della Catalogna, una nuova legge elettorale o una riforma fiscale che faccia finalmente pagare le tasse ai ricchi e li costringa a collaborare al pagamento della crisi? Inseguire sogni a prima vista impossibili è quello che ha sempre fatto l'uomo, dall'alba della propria storia. E mi piace la difesa appassionata che Torres fa delle "chimere" perché la condivido, perché un uomo non è degno di essere considerato tale se ha smesso la capacità di sognare e di lottare, perché mi viene in mente la frase del nonno di José Luis Rodriguez Zapatero fucilato dai franchisti: "Non raggiungeremo l'utopia, ma ci indicherà la direzione". La chimera è il sogno, l'anelo, la lotta, l'impegno per raggiungerla. E' in ultima istanza, il progresso.
"Inseguire chimere. E' difficile trovare un modo più bello di dirlo, perché tutto quello che ha fatto la razza umana, da quando è uscita dalle caverne è stato inseguire chimere. Attraversare le Alpi. Fare il giro del mondo. Liberare gli schiavi. Arrivare sulla luna. Salire sull'Everest. Trapiantare cuori. Togliersi i re di torno.
Quando Alessandro sognava di arrivare alla fine del mondo, inseguiva una chimera. Quando i soldati di Washington si sono accampati, in quel gelido inverno, in Valley Forge, si scaldavano con il fuoco di un sogno. Un inaspettato colpo di lirismo e don Juan Carlos ha messo l'allegra truppa di indipendentisti catalani e baschi nello stesso fregio storico che ospita i patrioti di ogni tempo e luogo, tutti quelli che una volta hanno abbracciato una fantasia inaccessibile, dai greci fino ai polacchi, da Bolívar fino a Martin Luther King, da Gandhi a Mandela"
E i toni, che sono un po' lirici in questa lunga cavalcata storica, che vede i sogni farsi realtà e il progresso arrivare tra gli umani, si fanno più minacciosi sul finale, a  testimoniare l'errore delle parole del Re: "La chimera è una bestia mobile, che non usa stare ferma nel mirino di un fucile, ma la cui caccia vale sempre la pena. Ci sono molti tipi di chimere (un libro impossibile da scrivere, una vicina irraggiungibile, un Paese nuovo, un'isola nella nebbia), ma siamo già molti, noi che ne sogniamo una chiamata Repubblica".
Ieri ho avuto modo di scrivere che la lettera di Juan Carlos sembra scritta dalla paura e per spaventare. Non si può evocare lo spirito della Transizione Democratica proprio quando la Transicion mostra tutti i suoi limiti, nella legge elettorale con le liste bloccate, nella mancanza di un referendum che permetta una maggiore partecipazione popolare, nel centralismo che impedisce a Catalogna ed Euskadi un referendum per l'autodeterminazione, nella stessa forma dello Stato, che gli spagnoli non hanno mai potuto scegliere e si sono trovati nella Costituzione, accettata da Santiago Carrillo e Felipe Gonzalez, pensando "al bene comune" prima che all'anelata Repubblica (ma quando la destra ha pensato prima al bene comune e poi ai propri interessi? e perché è sempre la sinistra quella che dev'essere "responsabile" e con "senso dello Stato?!).
E oltre a questo errore, il Re ne ha commesso un altro, all'utilizzare questo concetto sprezzante, "inseguire chimere", come se l'indipendenza di Euskadi e della Catalogna fosse una chimera, come se una Spagna più giusta lo fosse. Sembra che una Spagna in movimento, inquieta, consapevole di essere stata ingannata e derubata e pronta a cercare nuove strade per non perdere diritti e benessere, non piaccia al sovrano. E' come se Re Juan Carlos preferisse il più rassicurante statu quo, con le ingiustizie e gli inganni che si porta dietro, pur di non vedere spazzate via vecchie certezze (e non perdere certi privilegi, possiamo dirlo?).
Su alcuni siti web progressisti si chiedono quanto ci sia la mano del Governo conservatore di Mariano Rajoy in questo messaggio del Re. Non è domanda da sottovalutare e la Monarchia rischia di giocarsi il poco prestigio che le rimane nei settori più progressisti della società, anche grazie a questa lettera.