domenica 3 febbraio 2013

Rajoy non convince gli spagnoli, il PP crolla nei sondaggi. E' il momento di UPyD e IU

Per la terza notte consecutiva centinaia di persone sono scese in piazza nelle principali città spagnole, per manifestare, davanti alle sedi del PP, il loro rifiuto alla corruzione e per chiedere le dimissioni di Mariano Rajoy. Lo scandalo della contabilità segreta del partito al Governo, con migliaia di euro distribuiti mensilmente in nero ai principali dirigenti del partito (Rajoy compreso), grazie alle donazioni dei principali imprenditori del Paese, sta scuotendo davvero la Spagna e sta provocando un'indignazione feroce. Siamo davanti a un Paese che sta affrontando l'impoverimento della classe media, la spoliazione dello Stato Sociale e una disoccupazione altissima, come in nessun altro grande Paese europeo; e mentre affronta questo sforzo inaudito, scopre che il Partito al Governo, lo stesso che predica l'austerità e taglia Sanità, Scuola e Pensioni, ha distribuito migliaia di euro per anni ai propri dirigenti, fregandosene di etica, morale e onestà. Perché è quasi inutile chiedersi cos'hanno avuto in cambio i grandi imprenditori e costruttori che facevano arrivare milioni di euro nelle case del Partito, gestite da Luis Bárcenas, lo stesso che si è scoperto avere un conto segreto da 22 milioni di euro in Svizzera. Si capisce che la rabbia, stavolta, non sia dell'opposizione contro il Governo, ma degli stessi elettori del Partito. Ieri si sono dimessi due consiglieri comunali del PP in Galizia, perché scandalizzati quanto il resto dei compatrioti.
Stamattina tutti aspettavano l'intervento di Mariano Rajoy, che aveva promesso di chiarire lo scandalo agli spagnoli. Ma tutto è iniziato male: il premier non ha indetto una conferenza stampa, non ha incontrato i giornalisti e ha permesso solo la loro presenza a una riunione del Partito, in cui avrebbe dato i chiarimenti, senza ammettere domande. Ed è proseguito anche peggio: Rajoy ha assicurato di avere solo due parole da dire, "è falso"; e poi ha detto di non aver mai preso denaro in nero, di non essere entrato in politica per arricchirsi e che la sua dichiarazione dei redditi sarà presto pubblicata sul sito web della Moncloa. Come se la pubblicazione della sua dichiarazione dei redditi dovesse rassicurare gli spagnoli: perché un uomo che prende denaro in nero dovrebbe poi dichiararlo al Fisco? La domanda è naturale, così come sono state inevitabili le prese in giro su Twitter, ritwittate immediatamente da Ignacio Escolar, direttore del progressista eldiario.es, e Pedro J. Ramirez, direttore del conservatore El Mundo. Tra tutti, rimane in memoria un tweet: "Non sapevo che nella dichiarazione dei redditi ci fosse una casella per dichiarare la contabilità occulta". Così ovvio che risulta offensivo che Rajoy pretenda di essere creduto. E infatti per tutto il giorno uno de TT spagnoli più seguiti è stato #CreoenRajoy, Credo a Rajoy, con battutacce velenose a non finire.
Con la sua secca smentita, che con i toni e i modi ricorda il Bill Clinton di "guardate le mie labbra, non ho mai avuto relazioni con quella donna" e poi sappiamo cosa è successo nello Studio Ovale con Monica Lewinski, Mariano Rajoy non ha convinto nessuno. Neanche i suoi elettori.
"E' stato categorico come quando ha negato l'aumento dell'IVA, con la stessa fermezza con cui ha smentito il blocco delle pensioni, con la stessa credibilità con la quale ha assicurato che non ci sarebbero stati tickets sanitari né aumenti delle tasse né condoni fiscali né tagli alla sanità e alla scuola. Rigoroso come quando ha difeso l'innocenza di Jaume Matas (presidente PP delle Baleari sotto processo per corruzione), l'integrità di Francisco Camps (costretto alle dimissioni dalla presidenza della Comunitat Valenciana per uno scandalo di corruzione), l'onestà di Luis Bárcenas (il tesoriere con 22 milioni di euro in Svizzera e la contabilità in nero del PP)" scrive spietatamente ironico Ignacio Escolar nel suo blog, per dimostrare la totale mancanza di credibilità di Mariano Rajoy, smentito dai fatti ogni volta che promette che non farà qualcosa.
E suo padre Arsenio, direttore di 20 minutos, il più diffuso quotidiano gratuito spagnolo, segnala come Rajoy sia un'anatra zoppa, come il presidente degli Stati Uniti nell'ultima parte del suo secondo mandato. "Come può chiedere sforzi e sacrifici agli spagnoli se lui stesso è sospettato di condotte scorrette, per azione od omissione! Il suo mandato appare inoltre con data di scadenza, prossima o persino imminente: il giorno in cui un documento o una testimonianza in un mezzo di comunicazione o un rapporto di Polizia o un documento giudiziario dimostrino in modo definitivo che questi comportamenti indebiti suoi sono esistiti" scrive. E non si può non essere d'accordo con lui quando aggiunge che Rajoy "ha perso oggi un'opportunità unica di prendere il controllo della crisi. Avrebbe dovuto annunciare qualche misura più categorica e avrebbe dovuto sottoporsi alle domande dei giornalisti. Le spiegazioni non le deve dare solo ai vertici del suo partito, ma soprattutto all'opinione pubblica". Ma Rajoy ha preferito, ancora una volta, non apparire davanti ai giornalisti.
Lo scandalo, intanto, inizia a presentare il conto al PP. El Periódico de Catalunya uscirà domani con un sondaggio, secondo il quale se si votasse oggi in Spagna, il PP perderebbe ben 50 seggi (su 186). Il che è immaginabile. Quello che è meno immaginabile è che per la prima volta la Spagna potrebbe rompere il monopolio del bipartitismo. Se il PP piange, infatti, il PSOE, che un anno fa a Siviglia ha rifiutato di rinnovarsi e di passare la mano a una nuova generazione, non compromessa con il passato, non ride: Alfredo Pérez Rubalcaba, da 30 anni in politica, ai vertici del Partito o del Governo ogni volta che nel PSOE è scoppiato uno scandalo di corruzione, non è l'uomo più credibile per tuonare contro il PP e proporre un'alternativa di Governo pulita, onesta, attenta all'etica e al rigore morale. Così il PSOE può approfittare poco di questo crollo d'immagine e di credibilità del PP e guadagnerebbe solo una decina di seggi sui 110 di oggi. A guadagnare dall'implosione della Spagna della Transición, sono la formazione centrista UPyD, che prenderebbe dai 18 ai 21 seggi in più (ne ha 5), e della sinistra radicale IU, che otterrebbe dagli 11 ai 14 seggi in più (oggi ne ha 11); entrambe raggiungerebbero per la prima volta un risultato di queste dimensioni ed è la prima volta che gli spagnoli insoddisfatti e arrabbiati guardano a queste due formazioni come alternative possibili di potere. Sia l'UPyD che IU sono nate ben dopo la Transición, in piena democracia. Che sia un segnale anche questo, della fine di una stagione che fu gloriosa e che si conclude nel peggiore dei modi.