Un paio di anni fa i Principi delle Asturie hanno inaugurato la Città della Cultura della Galizia, uno dei progetti più ambiziosi della regione: i
documenti, i reperti e i libri della cultura galiziana in un unico grandioso
complesso, costruito dall'architetto statunitense Peter Eisenman, sulle pendici
del Monte Gaiás, alle spalle della Cattedrale di Santiago de Compostela. In
realtà Felipe e Letizia hanno inaugurato solo due dei sei edifici previsti da
Einsemann, la Biblioteca e l'Archivio della Galizia, mentre il Museo di Galizia,
il Centro della Musica e delle Arti Sceniche, il Centro di Arti Internazionali e
un edificio per i servizi centrali, erano ancora in costruzione.
Un paio di anni dopo, con parte del complesso non ancora terminata, il
presidente della Xunta Alberto Núñez Feijoo ha annunciato la paralisi
definitiva dei lavori, che lascia incompleti il Centro della Musica e delle Arti
Sceniche e il Centro di Arti Internazionali. Le casse della Galizia sono vuote,
la crisi richiede altre priorità, il progetto rimane un'utopia, l'ennesimo
spreco della Spagna in cui il denaro scorreva a fiumi.
I lavori della Cidade da Cultura sono iniziati il 14 febbraio 2001, dovevano
durare quattro anni e costare 100 milioni di euro. Dodici anni dopo non sono
ancora terminati, sono costati 200 milioni di euro più del previsto e, cosa
forse peggiore di tutti, non hanno convinto ancora circa la destinazione d'uso
degli edifici costruiti. Praticamente nessuno sa come riempire le architetture
avveniristiche che hanno sfigurato la collina alle spalle della grandiosa
Cattedrale gotica in cui si conclude il pellegrinaggio religioso europeo più
importante della Cristianità (escludendo la Basilica di San Pietro,
ovviamente). La Cidade da Cultura è stata fortemente voluta da Manuel Fraga,
storico presidente della Xunta, una delle figure più importanti della destra
spagnola dalla Transición in poi; è stata quindi sostenuta dai governi
conservatori che sono seguiti al suo e le cose sono state fatte in modo che la
Xunta socialista che ha governato per una legislatura, breve intervallo tra i
governi conservatori, non potesse fermare i lavori.
Un articolo di El Pais, uscito la scorsa estate, denunciava come la Cidade da Cultura fosse l'ennesima cattedrale del deserto di una Spagna con troppo denaro
e una classe dirigente troppo mediocre per spenderlo con prudenza e buonsenso:
il complesso di Compostela come un aeroporto senza aerei della meseta o della provincia valenciana, insomma. "A mezzogiorno, ci sono una trentina di auto
parcheggiate all'ingresso del gigante, meno che in un qualunque
ipermercato" scriveva sarcastico il quotidiano". E poi insisteva,
ricordando che nell'Archivio di Galizia "raramente si contano più di
quattro visitatori in contemporanea" e che "l'unico pubblico della
mostra del pittore repubblicano Eugenio Granell sono gli stessi quadri". Le
cose sembrano andare meglio nel caffè, che doveva diventare uno dei punti di
ritrovo più frequentati di Santiago, perché, nei progetti originari la Cidade
da Cultura doveva rivaleggiare con la Cattedrale quanto a capacità di attrarre
i turisti; ma anche nella caffetteria non si contano mai troppe persone,
perché, ovviamente "se è bello la gente preferisce andare in
spiaggia". E il progetto di stradine e portici che collegano tra di loro
gli edifici del complesso non tiene conto del clima locale (pare che per gli
architetti impegnati in Spagna il clima locale sia una presenza fastidiosa, da
non considerare, come ben insegna Santiago Calatrava, con i suoi ponti scivolosi
in climi atlantici). "Qui non c'è un albero per ripararsi dal sole,
durante il giorno non si può venire, se non si vuole morire dal caldo; il
momento migliore sarebbe il tramonto, che dura poco. Poi, dalle 9, inizia a fare
un freddo terribile e se vuoi veder i concerti che organizzano devi coprirti
bene, se non vuoi gelare" hanno denunciato alcuni residenti, a El Pais.
Ed è perfetta anche la biblioteca della Cidade da Cultura: "L'assenza di
gente e il silenzio aiutano il lettore a concentrarsi" commenta El Pais,
secondo il quale le scarse sedie e scrivanie per studiare non sono un problema
dato che "pochi studenti hanno un mezzo con cui arrivare al Monte Gaiás e
preferiscono le biblioteche dell'università".
Insomma, la Città della Cultura della Galizia è stata un fallimento: nelle
architetture avveniristiche, che hanno davvero devastato la collina di Santiago,
nessuno sa cosa metterci e i pochi turisti che ci arrivano non hanno idea né di
cosa aspettarsi né di cosa vedere, mentre i santiaghini preferiscono strutture
per loro più comode e raggiungibili. Aquí no viene ni Dios, come dicono a
Santiago e non c'è bisogno di traduzione.
Otto anni di ritardo e 200 milioni di euro più del previsto. Il presidente Núñez
Feijóo, che era vicepresidente e Assessore all'Edilizia quando fu dato il via
ai lavori, dice adesso che la Galizia in cui sta governando non è più quella
florida ma è quella della crisi e, dunque, le priorità sono altre. Con la fine
dei lavori son stati risparmiati i 170 milioni di euro previsti per i due
edifici da costruire, ma devono essere negoziati adesso gli indennizzi alle
imprese costruttrici (si parla di una cifra che si aggirerà intorno ai 18
milioni di euro, ance se il presidente ha preferito non confermare, essendoci i
negoziati). Manutenzione e programmi culturali richiedono, però, 10,4 milioni
di euro all'anno, circa il 16% del bilancio della Cultura della regione; una
cifra decisamente alta, visto lo scarso interesse che il complesso ha finora
ottenuto sia tra i residenti che tra i turisti.
Rimangono una collina devastata da un'opera inconclusa, il fallimento dei
progetti di una classe dirigente incapace e mediocre, dotata di troppo denaro e
poche idee, e, soprattutto, ci sono 300 milioni di euro delle casse pubbliche
che potevano avere altra destinazione e il cui spreco, nella Spagna indignada e in crisi, fa ancora più male e più rabbia.