sabato 20 luglio 2013

elconfidencial.com: re Juan Carlos, il tappo per il rinnovamento della Spagna

Re Juan Carlos ha lasciato molto chiaro che non intende abdicare. L'ultimo media a ribadirlo è stato Vanity Fair España, che dedica al sovrano la copertina del numero di agosto. Il monarca intende recuperare il prestigio perduto e lasciare al figlio Felipe una Corona di nuovo considerata elemento di prestigio e simbolo di unione del Paese. Ma in Spagna non tutti si arrendono all'idea di un Re che rifiuta di farsi da parte, soprattutto vedendo il panorama in movimento delle monarchie europee, con i sovrani coetanei di Juan Carlos che iniziano a farsi da parte: prima è stata Beatrix d'Olanda, domani sarà il turno di Albert II del Belgio e già si parla della possibile abdicazione di re Harald di Norvegia, che già per due volte ha ceduto il comando al figlio, a causa dei suoi problemi di salute. Se davvero il monarca norvegese, l'ultimo dei sovrani nati negli anni 30, come Juan Carlos, abdicherà nei prossimi mesi, per Juan Carlos sarà davvero dura insistere a resistere sul trono. 
José Antonio Zarzalejos approfitta dell'imminente abdicazione di Bruxelles per analizzare la situazione spagnola, su elconfidencial.com, la prima testata spagnola a parlare apertamente, alcuni mesi fa, dell'abdicazione di Juan Carlos. E l'analisi inizia dalla figura di Albert II, un re che ha gestito in modo "un po' irresponsabile" la sua vita privata, che gli sta presentando il conto adesso, con la figlia illegittima che chiede il riconoscimento in tribunale, con il figlio Philippe, che non convince i belgi circa le sue capacità di mediazione in un Paese così complesso, con il figlio Laurent, spesso coinvolto in scandali di denaro. Ma, riconosce elconfidencial.com, è stato un buon re in questi vent'anni in cui ha regnato. "Nonostante la situazione sempre precaria del Belgio, nessuno ha drammatizzato l'uscita di scena di Albert II, per quanto ci siano dubbi sul successore" scrive elconfidencial.com, parlando della nuora, affinché la suocera intenda "Viviamo in tempi liquidi, in cui gli avvenimenti chiedono adattabilità e versatilità, rapidità e riflessi. E tutto questo è incompatibile con gli incarichi vitalizi". 
L'esempio di riferimento è la rinuncia-abdicazione di Benedetto XVI, "impensabile a priori": è stato il Papa tedesco a introdurre, "anche mediando delicate questioni teologiche, un fondamentale elemento di razionalità sulla portata delle magistrature vitalizie". Insomma ci sono un intorno e uno sfondo che parlano apertamente della necessità che chi occupa una carica vitalizia faccia i conti con il proprio tempo, con le proprie capacità di rispondere alle esigenze dei tempi attuali, con i propri problemi di salute, spesso prioritari.
"Re Juan Carlos sta facendo un enorme sforzo personale e politico, per riabilitare il suo prestigio, molto deteriorato per i fatti noti che non è necessario ripetere. Non vuole abdicare, ma continuare sine die, cercando di riprendersi fisicamente dai suoi acciacchi, obiettivo che per disgrazia sembra ancora lontano da raggiungere, vedendo le immagini del suo recente viaggio in Marocco ("Adesso penso solo a me" ha detto il monarca, con un'espressione sfortunata)." Ma la decisione del Re di non abdicare e di rimanere sul trono non riguarda solo lui. E' un problema politico. 
"Quello che è da discutere è se il Re, i sovrani in generali, che aspirano a morire nel loro letto costituiscono un elemento che ritarda le riforme e gli adattamenti che richiedono i sistemi politici attuali, molti in crisi, il nostri in particolare, e operano come un tappo che contiene l'energia sociale e, soprattutto, se bloccano il rinnovamento generazionale di cui il Paese, e mi riferisco alla Spagna, ha bisogno" scrive Zarzalejos, facendo riflettere anche chi abita in altri Paesi, con Capi di Stato di età molto avanzata.
Che speranze ha un Paese in crisi, con un Capo di Stato 75enne, a cui si deve molto, ma che ha anche molto sbagliato, che non vuole andarsene? La domanda risulta familiare anche in Italia, dove si è appena rinnovato il mandato, per la prima volta nella storia repubblicana, a un Capo di Stato 90enne. Cosa può aspettarsi un Paese che sceglie di confermare come arbitro e moderatore del proprio dibattito politico un uomo di 90 anni, nato durante il fascismo, protagonista della Guerra Fredda, con le istanze, le paure e le resistenze di una formazione intellettuale e politica che poco hanno a che vedere con le esigenze di questi anni e con le generazioni nate dopo la Seconda Guerra Mondiale e dopo il boom economico? Come può la Spagna guardare al proprio futuro quando il suo Capo di Stato si fa guidare, per ovvie ragioni generazionali, dai timori e dalle istanze della Transición, causa di molti mali attuali?
Secondo elconfidencial.com chi non sa andarsene quando è finito il proprio tempo fa un danno al proprio Paese. "Non c'è modo di concepire riforme, cambi, risanamenti, con la permanenza per tutta la vita. Una parte della classe politica, cominciando dal Re è attaccata alla liana che unisce il presenta alla Transición, quando nell'attuale realtà sociale i minori di 53 anni, non hanno potuto, essendo minorenni, votare la Costituzione del 1978, per cui mancano dei vincoli emotivi che abbiamo noi che sì, l'abbiamo votata. Il Paese ha le sue energie contenute, ansia di cambiamenti profondi, anche costituzionali, tutti in coerenza con la rapidità degli eventi e delle sfide che questi impongono. Le magistrature vitalizie si scontrano con questa realtà sociale, quando si vogliono portare fino alle estreme conseguenze". 
Beatrix, Benedetto XVI, Albert hanno aperto una via, "hanno segnato la fine delle magistrature vitalizie" e, dunque, Juan Carlos deve prenderne atto, deve scegliere se "continuare colpito in molti aspetti, siano politici, di reputazione o fisici, finendo con l'essere il tappo per il Paese, o se  liberare l'energia nazionale, cedendo il passo a suo figlio". 
E il re spagnolo non può neanche prendersi molto tempo prima di decidere, perché la situazione politica e sociale della Spagna è in continua evoluzione e in questa legislatura il PP e il PSOE possono garantirgli, "senza grandi dibattiti, oltre che il suo status futuro, anche il sostegno di cui avrebbe bisogno in un primo momento Felipe". Poi, a partire dalle elezioni del 2015, vista la crisi del PP e del PSOE, scossi da scandali di corruzione e paralizzati dall'incapacità di rinnovare i propri vertici e di rispondere alle richieste di cambiamento provenienti dagli elettori, non è detto che il Parlamento non abbia un'inclinazione repubblicana che ""renderebbe molto più difficile qualunque operazione di Stato".