martedì 27 agosto 2013

La Spagna è la potenza che meno anni ha governato su Gibilterra. Come rivedere il Trattato di Utrecht

Gli ultimi a scendere in campo (o meglio, nei fondali) sono stati i sommozzatori della Guardia Civil spagnola, mandati a controllare sul fondo del mare della Baia di Algeciras i blocchi di cemento buttati da Gibilterra, per aiutare la biodiversità e l'ambiente, secondo le autorità della colonia, per complicare la vita ai pescatori spagnoli, secondo le autorità di Madrid. 
Nella lunga estate di dispetti tra Gibilterra e la Spagna, è stata solo l'ultima puntata. Tutto è iniziato a metà luglio, quando Gibilterra ha gettato i blocchi di cemento in mare, suscitando le ire della Spagna, perché il Trattato di Utrecht, del 1713, prevede la cessione del castello e delle fortezze di Gibilterra e non fa alcun accenno al mare né alle acque territoriali, che invece il Regno Unito vorrebbe vedere riconosciuti. 
Da allora le due parti non si risparmiano i dispetti. Per ripicca, la Spagna ha chiuso la frontiera, appesantendo i controlli su chi vuole attraversarla e complicando la vita soprattutto ai pendolari spagnoli, costretti a code di ore sotto il sole. A pagare il prezzo di questa trovata di Madrid, non tanto Gibilterra, che in fondo ha pur sempre il porto come via di uscita, quando il territorio spagnolo circostante: visto il caos alla frontiera, gli llanitos rimangono a casa e non spendono soldi nella vicina Costa del Sol. Il Regno Unito non risparmia le provocazioni alla sensibilità spagnola sul tema Gibilterra, ultima colonia in territorio europeo, così qualche giorno fa ha annunciato un'espansione sul mare, sul lato del Mar Mediterraneo, per costruire una zona residenziale, con albergo e appartamenti di lusso; secondo il Trattato di Utrecht l'azione è sostanzialmente illegale, perché Gibilterra si espande in acque spagnole, così la Spagna ha reagito duramente, bloccando sulla solita frontiera i camion con la sabbia per il cemento della nuova area residenziale, mentre i quotidiani di Madrid notano la contraddizione del Paese, che si adira per l'espansione della colonia e, allo stesso tempo, fornisce il cemento e i materiali per la sua realizzazione. 
La tensione tra Spagna e Regno Unito continua a essere alta, nonostante la preoccupazione di David Cameron e l'invito al dialogo di Mariano Rajoy. Sia Madrid che Londra minacciano di ricorrere a Bruxelles, per denunciare le violazioni del Trattato di Utrecht e il controsenso di avere una colonia in territorio europeo in pieno XXI secolo. Londra si nasconde dietro il diritto all'autodeterminazione di Gibilterra, che ogni volta che ne ha avuto la possibilità si è espressa con percentuali bulgare contro l'eventuale annessione alla Spagna; Madrid rifiuta di riconoscere il diritto all'autodeterminazione degli llanitos, ignorando di fatto le loro istanze e le loro proteste ed esigendo di parlare solo con Londra (anche perché se riconoscesse il concetto di autodeterminazione a Barcellona non tarderebbero a pretendere uguale riconoscimento).
Le nuove tensioni arrivano a 300 anni esatti dalla firma del Trattato di Utrecht e, notano i quotidiani di Madrid, visto il rifiuto del Regno Unito di cedere la sovranità del Pennone alla Spagna, forse è ora di chiedere un adeguamento del Trattato alla realtà del XXI secolo. Tenendo presente un dato riportato da El Mundo e dimenticato dai quotidiani spagnoli più nazionalisti: "Negli ultimi 1300 anni Gibilterra è stata sotto il controllo arabo per 727 anni (dal 711 al 1462, salvo 24 anni all'inizio del XIV secolo), sotto il controllo britannico da 299 (dal 1704 a oggi) e sotto il controllo spagnolo per 266 anni (dal 1462 al 1704 e dal 1309 al 1333)". La Spagna è la potenza che meno ha governato il territorio del Pennone e, dunque, "la storia non la favorisce affatto per reclamare la sovranità su Gibilterra, anche se si potrebbe sempre argomentare che fino al XVIII secolo Gibilterra fu un penale inospitale, praticamente disabitato".  
L'articolo di El Mundo è interessante per la spietata e realistica analisi sulle reali possibilità della Spagna di ottenere un nuovo accordo con il Regno Unito, magari "con i 15 membri dell'Assemblea di Gibilterra, i dirigenti di ONU, NATO e UE come invitati di onore alla firma". La Spagna sembra non avere alcuna possibilità non solo per le ragion storiche già indicate, ma anche per ragioni economiche, che vedono gli llanitos con un'economia più dinamica di quella spagnola e con entrate pro-capite quasi doppie a quelle spagnole; ci sono anche ragioni strategiche: il Pennone, grazie alla sua posizione sulla Baia di Algeciras e sullo Stretto, ha "un grande valore strategico per il controllo dello spazio aeronavale che separa l'Atlantico dal Mediterraneo e l'Europa dall'Africa. Né il Regno Unito né la NATO né gli USA si sentirebbero più sicuri con il controllo spagnolo su entrambi i lati dello Stretto, in solitario (non dimentichiamo le città spagnole di Ceuta e Melilla, sulla costa marocchina) o in accordo con il Marocco". E anche sul piano giuridico la Spagna ha la posizione più debole, dato che le carte legali e il dibattito sono stati marcati e stabiliti negli anni 60 dalle risoluzioni dell'ONU. Cosa fare dunque, nell'estate dei 300 anni dal Trattato di Utrecht e della maggior tensione degli ultimi anni tra Londra, Madrid e il Pennone? El Mundo propone di "recuperare un dialogo efficace con il Regno Unito, aprire al massimo la frontiera comune e controllare molto meglio la legalità del movimento di persone, servizi e merci tra Gibilterra e la Spagna. Senza voci né minacce, con fermezza e dall'unità di tutti i partiti". Come? lasciando a un lato i principi di integrità territoriale e reversibilità che la Spagna vuole per Gibilterra e a cui "nessuna organizzazione internazionale darà priorità nel secondo decennio del XXI secolo". 
In un'intervista rilasciata a El Mundo il Ministro di Gibilterra Fabian Picardo, sempre durissimo nell'esigere la partecipazione degli llanitos ai negoziati tra Londra e Madrid, ha annunciato che i pescatori spagnoli potranno tornare nelle acque davanti a Gibilterra nelle prossime settimane, ha chiarito che i blocchi di cemento non saranno tolti (anche le autorità spagnole li hanno gettati, in numerosi punti della costa, per le stesse ragioni di Gibilterra) e ha assicurato che le lunghe code imposte dalla Spagna alla frontiera pregiudicano soprattutto l'economia andalusa. E per calmare le acque ha invitato le vittime di questi controlli a rivolgersi a Bruxelles. Dove stanno arrivando numerose lamentele.