Gli ultimi a scendere in campo (o meglio, nei
fondali) sono stati i sommozzatori della Guardia Civil spagnola, mandati a
controllare sul fondo del mare della Baia di Algeciras i blocchi di cemento
buttati da Gibilterra, per aiutare la biodiversità e l'ambiente, secondo le
autorità della colonia, per complicare la vita ai pescatori spagnoli, secondo
le autorità di Madrid.
Nella lunga estate di dispetti tra Gibilterra e la Spagna, è stata solo
l'ultima puntata. Tutto è iniziato a metà luglio, quando Gibilterra ha gettato
i blocchi di cemento in mare, suscitando le ire della Spagna, perché il
Trattato di Utrecht, del 1713, prevede la cessione del castello e delle
fortezze di Gibilterra e non fa alcun accenno al mare né alle acque
territoriali, che invece il Regno Unito vorrebbe vedere riconosciuti.
Da allora le due parti non si risparmiano i dispetti. Per ripicca, la Spagna ha
chiuso la frontiera, appesantendo i controlli su chi vuole attraversarla e
complicando la vita soprattutto ai pendolari spagnoli, costretti a code di ore
sotto il sole. A pagare il prezzo di questa trovata di Madrid, non tanto
Gibilterra, che in fondo ha pur sempre il porto come via di uscita, quando il
territorio spagnolo circostante: visto il caos alla frontiera, gli llanitos
rimangono a casa e non spendono soldi nella vicina Costa del Sol. Il Regno
Unito non risparmia le provocazioni alla sensibilità spagnola sul tema
Gibilterra, ultima colonia in territorio europeo, così qualche giorno fa ha
annunciato un'espansione sul mare, sul lato del Mar Mediterraneo, per costruire
una zona residenziale, con albergo e appartamenti di lusso; secondo il Trattato
di Utrecht l'azione è sostanzialmente illegale, perché Gibilterra si espande in
acque spagnole, così la Spagna ha reagito duramente, bloccando sulla solita
frontiera i camion con la sabbia per il cemento della nuova area residenziale,
mentre i quotidiani di Madrid notano la contraddizione del Paese, che si adira
per l'espansione della colonia e, allo stesso tempo, fornisce il cemento e i
materiali per la sua realizzazione.
La tensione tra Spagna e Regno Unito continua a essere alta, nonostante la
preoccupazione di David Cameron e l'invito al dialogo di Mariano Rajoy. Sia
Madrid che Londra minacciano di ricorrere a Bruxelles, per denunciare le
violazioni del Trattato di Utrecht e il controsenso di avere una colonia in
territorio europeo in pieno XXI secolo. Londra si nasconde dietro il diritto
all'autodeterminazione di Gibilterra, che ogni volta che ne ha avuto la
possibilità si è espressa con percentuali bulgare contro l'eventuale annessione
alla Spagna; Madrid rifiuta di riconoscere il diritto all'autodeterminazione
degli llanitos, ignorando di fatto le loro istanze e le loro proteste ed
esigendo di parlare solo con Londra (anche perché se riconoscesse il concetto
di autodeterminazione a Barcellona non tarderebbero a pretendere uguale
riconoscimento).
Le nuove tensioni arrivano a 300 anni esatti dalla firma del Trattato di
Utrecht e, notano i quotidiani di Madrid, visto il rifiuto del Regno Unito di
cedere la sovranità del Pennone alla Spagna, forse è ora di chiedere un
adeguamento del Trattato alla realtà del XXI secolo. Tenendo presente un dato
riportato da El Mundo e dimenticato dai quotidiani spagnoli più nazionalisti:
"Negli ultimi 1300 anni Gibilterra è stata sotto il controllo arabo per
727 anni (dal 711 al 1462, salvo 24 anni all'inizio del XIV secolo), sotto il
controllo britannico da 299 (dal 1704 a oggi) e sotto il controllo spagnolo per
266 anni (dal 1462 al 1704 e dal 1309 al 1333)". La Spagna è la potenza
che meno ha governato il territorio del Pennone e, dunque, "la storia non
la favorisce affatto per reclamare la sovranità su Gibilterra, anche se si
potrebbe sempre argomentare che fino al XVIII secolo Gibilterra fu un penale
inospitale, praticamente disabitato".
L'articolo di El Mundo è interessante per la spietata e realistica
analisi sulle reali possibilità della Spagna di ottenere un nuovo accordo con
il Regno Unito, magari "con i 15 membri dell'Assemblea di Gibilterra, i
dirigenti di ONU, NATO e UE come invitati di onore alla firma". La Spagna
sembra non avere alcuna possibilità non solo per le ragion storiche già
indicate, ma anche per ragioni economiche, che vedono gli llanitos con
un'economia più dinamica di quella spagnola e con entrate pro-capite quasi
doppie a quelle spagnole; ci sono anche ragioni strategiche: il Pennone, grazie
alla sua posizione sulla Baia di Algeciras e sullo Stretto, ha "un grande
valore strategico per il controllo dello spazio aeronavale che separa l'Atlantico
dal Mediterraneo e l'Europa dall'Africa. Né il Regno Unito né la NATO né gli
USA si sentirebbero più sicuri con il controllo spagnolo su entrambi i lati
dello Stretto, in solitario (non dimentichiamo le città spagnole di Ceuta e
Melilla, sulla costa marocchina) o in accordo con il Marocco". E anche sul
piano giuridico la Spagna ha la posizione più debole, dato che le carte legali
e il dibattito sono stati marcati e stabiliti negli anni 60 dalle risoluzioni
dell'ONU. Cosa fare dunque, nell'estate dei 300 anni dal Trattato di Utrecht e
della maggior tensione degli ultimi anni tra Londra, Madrid e il Pennone? El
Mundo propone di "recuperare un dialogo efficace con il Regno Unito,
aprire al massimo la frontiera comune e controllare molto meglio la legalità
del movimento di persone, servizi e merci tra Gibilterra e la Spagna. Senza
voci né minacce, con fermezza e dall'unità di tutti i partiti". Come?
lasciando a un lato i principi di integrità territoriale e reversibilità che la
Spagna vuole per Gibilterra e a cui "nessuna organizzazione internazionale
darà priorità nel secondo decennio del XXI secolo".
In un'intervista rilasciata a El Mundo il Ministro di Gibilterra Fabian Picardo,
sempre durissimo nell'esigere la partecipazione degli llanitos ai
negoziati tra Londra e Madrid, ha annunciato che i pescatori spagnoli potranno
tornare nelle acque davanti a Gibilterra nelle prossime settimane, ha chiarito
che i blocchi di cemento non saranno tolti (anche le autorità spagnole li hanno
gettati, in numerosi punti della costa, per le stesse ragioni di Gibilterra) e
ha assicurato che le lunghe code imposte dalla Spagna alla frontiera
pregiudicano soprattutto l'economia andalusa. E per calmare le acque ha
invitato le vittime di questi controlli a rivolgersi a Bruxelles. Dove stanno
arrivando numerose lamentele.