giovedì 5 giugno 2008

Vidas robadas, telenovela di interesse sociale

Juliana è stata a un passo dalla liberazione e Astor, il gangster dalla vita impeccabile che l'ha sequestrata per sfruttarla nei bordelli argentini, è stato vicino alla fine. E' anche per questo che gli ascolti di Vidas robadas, iniziata stancamente alcuni mesi fa su Telefé, sono risaliti e hanno proiettato la telenovela tra i programmi più visti del piccolo schermo. Ispirata alla storia di Marita Verón e a quella di sua madre Susana Trimarco, che non ha mai smesso di cercarla dal giorno del suo sequestro, avvenuto il 3 aprile 2002, Vidas robadas racconta la lotta di un gruppo di persone che il destino mette sulla stessa strada, contro il traffico di persone. "E' il secondo grande reato a livello mondiale, è più diffuso addirittura del narcotraffico" dice Facundo Arana, il protagonista della telenovela. Telefé ha scommesso sul prodotto e sulla tematica, senza preoccuparsi del rating, assolutamente sfavorevole nelle prime settimane (era sceso all'11%, quando la media dell'emittente nella fascia oraria delle 22, la più importante della giornata, è il doppio). Ha creduto in Vidas robadas e ha vinto. Ne è consapevole anche Facundo Arana, sulla cui popolarità la tv ha contato per raccontare una storia cruda, intensa e difficile: "Poco a poco, come piace a me, stiamo dimostrando che il tema affrontato è più importante del rating e arriva ad affermarsi" ha detto il biondo attore "sono profondamente grato per essere parte di una telenovela che tocca un tema così importante, sento una grande responsabilità".
Il traffico e la schiavitù delle persone hanno addirittura messo in secondo piano la storia d'amore che in genere regge questo tipo di produzioni: Ana e Bautista, i due protagonisti, lei figlia inconsapevole del cattivissimo Astor, lui impegnato a risolvere la misteriosa morte del migliore amico, che indagava su alcuni strani sequestri di donne, in questo momento sono più coinvolti nel tentativo di aiutare Rosario, la madre coraggio che non si è arresa al sequestro della figlia Juliana, che nella loro difficile storia d'amore. Chissà cosa succederà quando Ana scoprirà che l'uomo contro cui sta lottando, con tutta l'indignazione di giovane donna libera e idealista, è suo padre. Questo è pero un melodramma da telenovela.
Quello che interessa questo post è che nei giorni scorsi la Legislatura de Buenos Aires ha premiato Vidas robadas come produzione di "interesse sociale". "In Argentina esistono organizzazioni che si dedicano alla tratta e al traffico di persone per sfruttarle sessualmente e nel lavoro. E' senza dubbio uno dei delitti più aberranti che ci siano e di cui si parla poco" dice il deputato Juan Manuel Olmos, primo firmatario dell'iniziativa "Per questo è necessario e urgente diffondere questa problematica sociale, vincolata ai diritti umani, dato che l'ignoranza è il peggior nemico". Alla cerimonia di premiazione c'erano Facundo Arana e Soledad Silveyra, il Bautista che con le sue indagini mette in moto la scoperta dei sequestri di giovani donne trasformate in schiave sessuali e la Rosario che continua imperterrita a cercare la figlia rapita. Soledad, una delle poche attrici cinquantenni a cui è consentito ancora essere protagoniste di una telenovela (un paio di anni fa ha le sue scene d'amore con Osvaldo Laport in Amor en custodia hanno tenuto incollati alla tv milioni di argentini), ha preso molto sul serio il suo ruolo di eroina delle ragazze rapite. E' diventata una sorta di alter ego di Susana Trimarco, che ha voluto conoscere personalmente e che ha accompagnato una settimana fa alla cerimonia in cui è stata premiata come "Personalità Distaccata in materia di Diritti Umani di Buenos Aires". Con le sue ricerche e le sue indagini Trimarco è riuscita a liberare decine di ragazze ridotte in schiavitù. Ma non la sua Marita: "Uno per uno, tutti pagheranno per quello che hanno fatto a mia figlia" dice sicura.
Se Facundo Arana si dichiara impressionato "dal numero di ragazze scomparse in questo traffico, qui in Argentina", Soledad Silveyra sostiene di non vivere la premiazione della telenovela come tale, ma di considerarla "una dimostrazione che anche i legislatori si aggiungono alla lotta per comunicare l'esistenza di questo reato". 
Il riconoscimento a Vidas robadas, che conta nel cast grandi attori argentini come Jorge Marrale, Juan Gil Navarro o Virginia Innocenti e che ha lanciato la bella Mónica Antonópulos, non è il primo di questo genere ottenuto da Telefé.
Un paio di anni fa l'emittente ha prodotto Montecristo, la telenovela che, trasportando l'immortale storia di Alexandre Dumas nella Buenos Aires contemporanea, ha permesso al Paese di discutere per la prima volta con serenità dei desaparecidos degli anni della dittatura. In Montecristo era chiaro dove fossero i buoni e dove fossero i cattivi, ma, allo stesso tempo, lo sviluppo e l'evoluzione delle molteplici trame, permetteva ai telespettatori di scoprire i danni della dittatura da un lato e dall'altro. Le famiglie spezzate, i segreti condizionanti, l'identità negata ai neonati sequestrati alle partorienti imminenti desaparecidas, la ricerca disperata dei desaparecidos da parte dei sopravvissuti; il tutto parte di una storia d'amore intensa e appassionata e di una vendetta rabbiosa, che hanno mantenuto la telenovela di denuncia nel suo contesto di melodramma e forti emozioni. Grazie a questa telenovela migliaia di argentini hanno iniziato a fare i conti col proprio passato, decine di giovani dubbiosi si sono avvicinati alle Abuelas de plaza de Mayo per scoprire la propria identità, il Paese ha iniziato a poter parlare della dittatura ascoltando tutte le voci. Quella delle vittime, di cui si è conosciuta impotenza e disperazione, quella dei carnefici, di cui si è conosciuto il delirio e, incredibilmente, la "normalità" di devoti padri di famiglia.
E' che le telenovelas hanno smesso da tempo di essere solo telenovelas.