mercoledì 18 maggio 2011

Indignati in Spagna: in 10mila tornano alla Puerta del Sol di Madrid

Stamattina, dopo lo sgombero notturno della Polizia, avevano promesso che sarebbero tornati. E stasera alle 20, con un appuntamento che si sono dati via social networks, sono tornati. In 10mila.
Così elmundo.es, elpais.com e i principali quotidiani spagnoli sono stati finalmente obbligati a occuparsi seriamente dei giovani spagnoli della piattaforma Democracia Real Ya!, che da domenica sta portando in strada migliaia di persone, per protestare contro l'attuale sistema economico e sociale, contro i partiti, che non sanno rispondere alle istanze della società, contro le banche, colpevoli della crisi economica, il cui prezzo stanno pagando gli spagnoli attraverso i tagli sociali.
Un'assemblea, intorno alle 21, ha deciso che la manifestazione non si sarebbe sciolta e che i presenti avrebbero passato la notte nella piazza. Un imponente cordone di furgoni e poliziotti veglia sul Palazzo del Governo della Comunidad de Madrid, che si affaccia sulla Puerta del Sol, mentre il quartier generale dei manifestanti sembra essere stato sistemato sotto la statua equestre di Carlo III, dove sono state montate le prime tende. I manifestanti hanno anche posto uno striscione sotto un grande cartellone pubblicitario di Paz Vega per L'Oréal, in cui reclamano una democrazia reale, mentre su una delle edicole della piazza è stato appeso uno striscione che lamenta come "in questo Paese sia possibile accamparsi per comprare un biglietto per un concerto di Justin Bieber, però non per reclamare i propri diritti".
L'organizzazione dell'accampamento sembra funzionare meglio di ieri: un gruppo di volontari si preoccupa di mantenere pulita l'area, un altro ha organizzato un punto ristoro, con acqua (preferita all'alcol) e panini. I poliziotti guardano da lontano e un gruppo di manifestanti ha fatto sapere che questa volta c'è il permesso del Comune per rimanere tutta la notte alla Puerta del Sol.
Nell'assemblea hanno letto un manifesto, già collocato nel loro sito web da giorni, in cui chiariscono nuovamente di non rappresentare alcun gruppo politico, di essersi riuniti spontaneamente e di essere "disoccupati, mileuristas, casalinghe, immigrati e cittadini in generale"; hanno inoltre sottolineato ancora una volta il proprio scontento per "una classe politica che vive lontano dai cittadini, abbiamo il diritto di indignarci".
La concentrazione a Sol non è l'unica in corso in Spagna. A Siviglia un migliaio di persone si è riunito nella plaza de la Encarnación; a Barcellona in 200 sono riusciti finalmente a installarsi nella plaza de Cataluña (ieri la Polizia lavava e rilavava la piazza per impedire che i giovani si fermassero); 300 persone si sono riunite a Saragozza, a Valencia e a Bilbao, in plaza Arriaga; un centinaio si sono riuniti nella plaza del Obradoiro di Santiago de Compostela e alcune decine a Vigo, ad A Coruña e a Palma. In alcune di queste città sono stati letti manifesti anche in solidarietà con i madrileni sgomberati dalla Puerta del Sol.
Certo, se i manifestanti (chiamarli giovani inizia ad essere riduttivo, vista la presenza di persone di ogni età e la simpatia che li circonda) continuano con questa determinazione, il Governo e i partiti politici iniziano ad avere un bel problema. Oggi, tra Twitter e blog il movimento del 15 maggio, dal giorno della prima grande manifestazione in 50 città spagnole, ha chiarito, e ce n'era bisogno, viste le manipolazioni degli opinionisti di destra, che No les votes, uno degli slogan lanciati dopo l'approvazione della Ley Sinde e diventato uno dei segni d'identità della protesta, "non è affatto un invito a non andare a votare, anzi, è tutto il contrario. E' un invito a riflettere bene sull'uso che si fa del proprio voto. Se si vuole che le cose cambino, la soluzione non sono il PP, PSOE e CiU (i nazionalisti conservatori catalani NdRSO), ma altre formazioni". Il riferimento è soprattutto a Izquierda Unida, il partito di sinistra penalizzato dalla legge elettorale, il cui meccanismo fa sì che i partiti nazionalisti ottengano un seggio con varie migliaia di voti meno di quelli che deve raccogliere IU.
El Pais ha pubblicato stasera un articolo in cui prende finalmente sul serio il movimento di Democracia Real Ya! e spiega l'influenza della rivoluzione islandese, silenziata dai media tradizionali, ma capace di folgorare migliaia di spagnoli attraverso lo spazio conquistato nelle reti sociali. La protesta islandese è iniziata grazie a Hördur Torfason, che nel 2008, davanti al crack del sistema finanziario dell'isola, si è piazzato davanti al Parlamento con una chitarra e ha dato spazio al malessere dei cittadini; una settimana dopo erano decine di persone e ogni sabato di più, fino a costringere alla dissoluzione del Parlamento. E non solo, ricorda El Pais, gli islandesi "hanno scosso le basi del Governo, hanno perseguito i banchieri che li hanno portati alla bancarotta, hanno detto di no nei referendum alla restituzione al Regno Unito e all'Olanda di un debito di 4 miliardi di euro. E, ancora, forse quello che davvero piace a chi è in strada, soprattutto dal 15 maggio, hanno formato un'assemblea di 25 cittadini scelti per realizzare una riforma costituzionale. Tutta una rivoluzione silenziosa nel protagonismo mediatico delle rivolte arabe, che l'ingovernabile canale delle reti sociali si è incaricato di riscattare".
La galassia di associazioni che si raccoglie intorno a Democracia Real Ya!, tra loro ci sono "500 gruppi di varia indole, ma nessun partito e neanche sindacato", ha elaborato una proposta in 40 punti, che prevede la lotta all'assenteismo, la riduzione delle spese militari in favore di quelle sociali, la protezione della libertà d'informazione e del giornalismo d'inchiesta, l'abolizione della Ley Sinde (sarebbe interessante studiare quanto l'approvazione di questa legge che difende i diritti d'autore nella Rete, che è stata fortemente voluta dalle multinazionali statunitensi dell'intrattenimento e che è stata approvata nonostante la sua impopolarità e le proteste degli utenti della Rete, abbia influito sulla mobilitazione dei cittadini; è chiaro che Zapatero non ha calcolato l'enorme influenza che avrebbe avuto sul desencanto che già lo circondava a causa della crisi economica).
Se piazza Tahrir ha suggerito il luogo per rendere visibili il malcontento e le proteste per una società più giusta, in cui la dignità e la libertà dell'individuo siano prioritarie, l'Islanda ha dimostrato l'alternativa possibile se i cittadini prendono in mano il proprio destino. Il Nord più isolato e il Mediterraneo più sconosciuto che offrono a questa Europa all'apparenza apatica, l'esempio che una società può cambiare se lotta unita per l'obiettivo. Il tutto attraverso le reti sociali, più indipendenti e libere dei media tradizionali per agilità, rapidità e flusso delle informazioni.
Le foto, dalla lunga (ed emozionante) galleria fotografica di elpais.com