venerdì 26 agosto 2011

In 600mila nelle strade, nello sciopero per un nuovo Cile

I cileni non mollano e Sebastián Piñera, che solo un anno fa era uno dei presidenti latinoamericani più popolari, grazie alla determinazione con cui stava cercando di salvare i 33 minatori imprigionati in una miniera di Atacama, ha un bel problema. Lo sciopero di due giorni convocato dalla Central Unitaria de Trabajadores (CUT) per chiedere riforme al modello economico e sociale del Paese, non ha paralizzato il Cile, nel suo primo giorno, ma nel secondo, dedicato ai cortei, ha dimostrato tutta la forza e la vivacità dell'alleanza tra le istanze dei lavoratori e quelle degli studenti. I cortei, che si sono tenuti in tutte le principali città, hanno contato su centinaia di migliaia di persone, 175mila secondo il Governo, oltre 600mila secondo gli organizzatori, e vi hanno assistito da balconi e finestre decine di cittadini, con le loro pentole e coperchi, per le ormai caratteristiche caceroladas, le forme di protesta più pacifiche (e rumorose), inventate in Argentina ai tempi del default e diffusesi poi nel subcontinente.
I sindacati chiedono una serie di riforme, da quella costituzionale a quella fiscale, per aumentare le tasse alle imprese, fino alla riforma delle pensioni, oggi affidate al settore privato, e del Codice dei Lavoratori e a maggiori risorse per la Sanità e l'Istruzione. E su quest'ultima richiesta è nata l'alleanza con gli studenti, ormai da tre mesi impegnati a chiedere un'istruzione gratuita, che impedisca il lucro sulla formazione delle giovani generazioni. "Abbiamo detto che non ci piace il Cile che abbiamo, che non condividiamo il Cile che si è costruito e per questo è fondamentale una nuova Costituzione politica del Paese, che cambi il sistema elettorale, che contempli la possibilità di dare soluzione ai grandi poteri" ha detto il leader della CUT Arturo Martínez. A dare voce agli studenti è stata ancora una volta Camila Vallejo, la 23enne presidente della Federación de Estudiantes de Chile (FECH), di cui è innamorato mezzo Cile, sia per il suo evidente fascino personale, sia per la disinvoltura e la determinazione con cui si muove davanti ai media per difendere la causa dell'istruzione gratuita. "Sbaglia chi dice che i lavoratori si sono accodati al nostro movimento per avere forza nello sciopero. La verità è che la domanda di una riforma dell'istruzione è una domanda sociale, è una riforma strutturale che ha a che vedere con il popolo cileno. E' una domanda delle nostre famiglie" ha spiegato ai media. Mentre striscioni e slogan ricordavano che ci sono famiglie che devono pagare fino a 1000 dollari al mese per poter far studiare i propri figli.
Il Cile che raccontano i lavoratori e le marce di protesta è molto diverso da quello dei grandi numeri e degli economisti del liberismo, che lo vogliono come la economia più sviluppata del Cono Sur e come un modello da seguire per gli altri Paesi della regione. Uno degli ultimi successi del Governo di Michelle Bachelet è stato l'ingresso nell'OCSE, una sorta di riconoscimento di ingresso nel Primo Mondo: l'economia cresce con un ritmo del 6%, le esportazioni di materie prime come il rame continuano a pieno ritmo, il rigore ha permesso il surplus nei conti pubblici (di qui il reclamo della società di maggiori investimenti nei servizi sociali, istruzione e sanità in primis). Ma il Cile è anche il Paese con le maggiori differenze sociali dell'America Latina, in cui tutti i servizi sono stati privatizzati e devono produrre un lucro, comprese pensioni e istruzione. La distribuzione della ricchezza nel Paese è una delle peggiori del continente: il reddito pro-capite annuale medio è di 16mila dollari, ma il 75% delle famiglie sopravvive con meno di 1000 dollari al mese. Di qui le scarse opportunità di ascesa sociale per chi non gode di grandi risorse economiche.
Il modello economico che adesso studenti e lavoratori vogliono cambiare è stato imposto dalla dittatura di Augusto Pinochet, che ha affidato l'economia del Paese ai Chicago-boys e ha trasformato il Cile in un esperimento del liberismo economico. Un esperimento non riuscito, se, come scriveva efficacemente Juan Pablo Meneses alcuni giorni fa, "la rivolta degli studenti è la rivolta dei consumatori del mercato", cioè, non è vero che il mercato risolva tutti i problemi, adattandosi alle situazioni, essendo il punto d'incontro di domanda e offerta, ma crea scompensi, se non adeguatamente corretto, che causano le attuali proteste.
Pinochet ha lasciato il potere 20 anni fa e per vent'anni il Cile è stato governato dalla Concertación, un'alleanza di centro-sinistra che ha lasciato sostanzialmente invariato il modello ereditato dalla dittatura. Perché dunque le proteste sono scoppiate adesso, con questa forza e questa determinazione, e non durante i governi di sinistra, ideologicamente più sensibili alle cause sociali? Questo è un bel mistero. E' vero che le proteste studentesche hanno caratterizzato anche i Governi della Concertación, compreso quello di Bachelet, che le ha ignorate e a volte represse, ma non sono mai riuscite a tenere in scacco il potere come questa volta. C'entreranno Internet, il potere delle reti sociali, che permettono maggiore coordinamento e maggiore informazione, i venti della indignación che, iniziati in Tunisia, sono diventati tormenta in Spagna e hanno poi attraversato l'Oceano, per approdare a Santiago? Sta cambiando il vento della storia: se prima si parlava di individualismo/egoismo e di libero mercato prioritari su qualunque altro valore perché "lo Stato è il problema", adesso si torna, finalmente, a parlare di diritti dei cittadini, di distribuzione della ricchezza, di inclusione. E, anche nel Cile, come nella maggior parte dei Paesi indignados, la sinistra non solo non ci fa una bella figura, ma non è detto che venga considerata un interlocutore valido dai cittadini. "Sono stati vent'anni al potere e non hanno fatto niente e adesso manifestano!" hanno lamentato alcuni manifestanti al vedere i leaders socialisti della Concertación in uno dei quattro cortei che hanno attraversato Santiago. Se la popolarità del presidente è precipitata al 26%, quella della Concertación  è al 17%
PS Al termine dei cortei ci sono stati episodi di violenza, con 210 arresti, 140 solo nella Regione Metropolitana di Santiago,e  25 carabineros feriti. Invano alcuni manifestanti hanno cercato di fermare i vandali che si sono introdotti nei cortei e che, come ha detto un leader sindacale ieri, "fanno il gioco della destra radicale, non il nostro". I media tendono a dare risalto più a questa violenza urbana che alle manifestazioni ed è un peccato.
Dalla galleria fotografica di latercera.com, alcune immagini dei cortei di ieri, a Santiago; qui, invece, latercera.com illustra il corteo di Antofagasta.