domenica 2 dicembre 2012

Nel discorso d'insediamento Enrique Peña Nieto promette un Messico più giusto e moderno

Enrique Peña Nieto è il nuovo presidente del Messico, dopo una cerimonia d'insediamento caratterizzata da proteste e disordini che si sono concluse con un centinaio di arresti. L'elezione del 46enne ex Governatore del Messico a Capo dello Stato, lo scorso 1° luglio, era stata accompagnata da altrettante proteste, essendo considerato espressione dell'establishment, sostenuto dai grandi imperi mediatici, a cominciare da Televisa, che hanno manipolato l'informazione politica, determinando la nascita di movimenti sociali come #yosoy132. E c'erano anche i giovani di #yosoy132 a protestare, tra i gruppi anti-sistema che con i loro atti vandalici hanno indignato Marcelo Ebrard, sindaco di Città del Messico, perché "hanno voluto deliberatamente danneggiare la città", ieri, durante l'insediamento del nuovo presidente, avvenuto alla presenza di numerose delegazioni straniere (c'erano anche il vicepresidente USA Joe Biden e il principe Felipe di Spagna).
Un insediamento con cui Peña Nieto ha voluto affrontare sin da subito i problemi del Messico. Eredita un Paese con oltre 100mila vittime della guerra al narcotraffico voluta dal suo predecessore, Felipe Calderón, e ha annunciato che le sue prime decisioni seguiranno cinque assi principali: la pace e la sicurezza dei cittadini nel rispetto dei diritti umani, la lotta alla povertà e alla disuguaglianza, che impediscono il benessere reale del Messico, un Paese con ritmi di crescita asiatici, la riforma dell'istruzione, il potenziamento dell'economia e un maggiore protagonismo del Messico sulla scena mondiale. "Non ci sarà sicurezza senza giustizia" ha ammonito nel suo discorso.
Ed è un concetto che è tornato spesso nelle sue parole, anche per marcare la distanza da Calderón nella lotta al narcotraffico, che non può essere compiuta solo attraverso la forza dell'Esercito (a cui è andata e va comunque la sua gratitudine) e che avanza anche attraverso una maggiore offerta di opportunità, attraverso l'istruzione e l'uguaglianza delle condizioni di partenza. Ed è la riforma dell'istruzione, una delle sfide che Peña Nieto si è impegnato a vincere, avendo come rivale la potente Elba Esther Gordillo, considerata uno dei poteri forti del Paese, all'essere l'intransigente leader del sindacato dei maestri, senza l'accordo dei quali ogni riforma è impossibile. Eppure il Messico ha un urgente bisogno di riforme, Peña Nieto ne è consapevole e ne ha parlato nelle interviste dei giorni scorsi, quando ha riconosciuto che oltre alle scuole è urgente riformare il sistema fiscale, che oggi ha l'aliquota più alta ferma al 15% e basa buona parte delle sue entrate sul monopolio di Pemex, la compagnia petrolifera nazionale (che Peña Nieto intende riformare per renderla agile ed efficiente come una compagnia nordamericana, anche se pubblica).
Nei prossimi due mesi partiranno programmi sociali come "una crociata nazionale contro la fame", le assicurazioni sulla vita per le donne capofamiglia, le pensioni per gli over 65 anni; ci saranno anche nuove infrastrutture, in particolare i treni passeggeri che collegano le principali città del Paese.
Il tutto verrà fatto cercando il deficit zero e la trasparenza nei conti e lottando contro l'indebitamento delle amministrazioni pubbliche. Sembra un'impresa titanica. "Si farà di più con meno" ha assicurato Peña Nieto, che ha anche promesso di viaggiare nel Paese per conoscere personalmente ed essere vicino alle esigenze della popolazione.
Per lui è iniziata la sfida più importante. Non solo sono iniziati i sei anni in cui dovrà convincere il Messico di non essere un candidato prefabbricato e imposto da Televisa (anche sua moglie, l'attrice di telenovelas Angélica Rivera è stata a lungo star di Televisa, prima di lasciare la tv per sposarlo), ma sono iniziati i sei anni in cui dovrà convincere i messicani che il suo partito, il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), che ha governato il Paese negli ultimi 70 anni, ad eccezione degli ultimi 12 anni, non è solo il partito della corruzione e delle disuguaglianze con cui ha governato nei decenni scorsi, ma anche quello che può guidare il Messico verso le pari opportunità e la modernità.