martedì 30 aprile 2013

Il maggio indignado della Spagna, a due anni dal 15M. I fallimenti dei movimenti di protesta

Maggio è il mese indignado per eccellenza, per una Spagna che non vuole arrendersi all'austerità, alla disoccupazione e alla crisi economica, nonostante il suo Primo ministro, Mariano Rajoy abbia fatto capire che idee per superare questa fase negativa, da qui alla fine della legislatura, nel 2016, non è che ce ne siano.
Ricordando che gli indignados apparvero per la prima volta sulla scena il 15 maggio 2011, negli ultimi mesi di Governo di José Luis Rodriguez Zapatero, quando sembrava che il peggio fosse stato già raggiunto, le varie assemblee intorno ai quali si organizza il movimento sociale, hanno reso noto il loro calendario di iniziative per celebrare i due anni di esistenza.
Si inizia già da domani, 1° maggio, a Madrid, con la manifestazione dei lavoratori, che continuerà anche il 2 maggio, nelle giornate organizzate dall'Assemblea Popolare di Malasaña. La Marea Blanca, che in questi mesi ha inondato Madrid, protestando contro i tagli alla Sanità pubblica e contro la privatizzazione di numerosi ospedali della regione madrilena, effettuerà un pubblico sondaggio, per sapere se i cittadini sono favorevoli o meno alla gestione pubblica della Sanità: ci saranno oltre 400 banchetti per raccogliere i pareri dei cittadini in centri salute e spazi pubblici di tutta la Comunidad de Madrid, dal 5 al 10 maggio.
Il 9 maggio avrà luogo Toque a Bakia, che invita gli attivisti a realizzare azioni nelle agenzie di questa banca, simbolo del malessere e della corruzione del sistema finanziario spagnolo: si dovrà cercare di paralizzare l'attività dell'agenzia scelta per una mattina, ma senza violenza, bensì con umorismo e creatività, in modo "da dimostrare che molte piccole azioni possono restituire il controllo alle persone".
Si arriva così al weekend del 12 maggio, il più vicino al 15 maggio della prima manifestazione indignada. Il 10 maggio a Madrid verranno organizzati incontri in spazi significativi su vari temi: cultura e comunicazione, sanità, istruzione, casa e democrazia.
Il 12 maggio ci saranno manifestazioni in tutto il Paese: hanno già confermato la loro adesione dodici città. Nella capitale, come già l'anno scorso, ci saranno vari cortei in marcia dai quartieri e dalle cittadine della periferia, che si uniranno ad Atocha, in plaza Colón e al Tempietto di Debod per marciare insieme verso la Puerta del Sol. Qui, alle 20, dopo l'ormai tradizionale grido muto (le mani sollevate e agitate in alto), partiranno le assemblee, in cui ci si aggiornerà su risultati, esperienze e partecipazione, nelle assemblee dei vari quartieri e nei vari gruppi di lavoro.
E sì, tante assemblee in cui discutere e confrontarsi sono tanto carine, ma risultano anche tanto inconcludenti.
Gli spagnoli e gli italiani si confrontano continuamente, si osservano neanche tanto di sottecchi, per vedere dove vanno parare gli uni e gli altri in questa crisi senza fine, cosa propongono gli uni e gli altri per liberarsi del giogo di Bruxelles, dell'austerità e di politici corrotti. Quando l'ingresso in Parlamento del Movimento 5 Stelle aveva suscitato grandi speranze in Italia, in Spagna era partita la solita invidia (de la buena, tranquilli): gli editoriali sottolineavano come per l'ennesima volta fosse l'Italia il vero grande laboratorio d'avanguardia d'Europa e si chiedevano dove fosse il Beppe Grillo spagnolo, in grado di convogliare la protesta cittadina verso un movimento pacifico e concreto, in grado di influire sugli equilibri del Parlamento (ma la domanda, vi assicuro, non si limitava agli editoriali, entrava in molte conversazioni); i quotidiani online di sinistra esultavano perché, per la prima volta, in questi anni europei, un Parlamento aveva una forte maggioranza di sinistra, in grado di mettere fine ad austerità, corruzione e squilibri. Poi sappiamo come è andata in Italia e cosa il Movimento 5 Stelle ha fatto di quelle speranze suscitate.
E, al vedere gli indignados di nuovo alle prese con le loro assemblee, di nuovo con il loro rifiuto di una leadership, di nuovo a insistere, stucchevolmente, con l'orizzontalità del movimento (ma dove si va, in orizzontale, se non c'è nessuno che rappresenta e si erge da portavoce delle istanze?), ci si chiede perché i movimenti di protesta, che pure sono portatori di richieste condivisibili e in larga parte diffuse nella società, non siano poi capaci di essere concreti. O rifiutano le leadership o congelano i voti ricevuti. In ogni caso, falliscono nei risultati concreti. In questo senso, nonostante le diverse esperienze, non c'è differenza tra Italia e Spagna.