In uno dei Paesi
più maschilisti del mondo, nega il diritto all'aborto in
qualunque caso, per esempio, le elezioni presidenziali sembrano essere una
questione tra donne. I candidati alla presidenza del Cile sono nove, Michelle
Bachelet, Evelyn Matthei, Roxana Miranda, Marco Enriquez-Ominami, Ricardo
Israel, Marcel Claude, Franco Parisi, Alfredo Sfeir e Tomás Jocelyn-Holt. Ma
sono le prime due, Michelle Bachelet ed Evelyn Matthei, a contendersi davvero La Moneda ed è probabilmente la prima volta nel mondo che una campagna elettorale
si è basata tutta su due candidate. Il protagonismo femminile si vede anche nel
secondo piano: il candidato più mediatico al Parlamento è Camila Vallejo, la
bella ex leader degli studenti, che è diventata madre di una bambina durante la
campagna elettorale, con tanto di foto pubblicate sulle reti sociali. Camila è
comunista, non lo nasconde, teorizza sui danni del capitalismo nelle irrisolte
disuguaglianze sociali del Cile e ha già chiarito che in Parlamento potrebbe
non essere sempre disciplinata.
Elezioni storiche per questo protagonismo femminile. Ma anche perché per la
prima volta un ex presidente potrebbe tornare a La Moneda. I sondaggi di questi
ultimi giorni sostengono che non è tanto in dubbio la vittoria di Michelle
Bachelet, quanto le dimensioni del suo successo: ce la farà l'ex presidente a
essere eletta al primo turno, o si arriverà al ballottaggio con Matthei, come
quest'ultima confida? E' l'unico dubbio della domenica elettorale, insieme
all'astensionismo. Per la prima volta il voto in Cile è volontario e non
obbligatorio: si parla di un'astensione intorno al 50%, perché, nonostante
siano nove, non tutti sono soddisfatti di programmi e proposte dei candidati.
Sono più disponibili al voto le persone più anziane, che furono giovani negli
anni di Salvador Allende, del golpe e della dittatura, e i militanti di
sinistra, mentre si sentono estranei alla politica i giovani tra i 18 e i 29
anni, che non si riconoscono né nella sinistra né nella destra.
Bachelet, che ha riunito la sinistra nella Nueva
Mayoría, compreso il
Partito Comunista Cileno, potrebbe ottenere un altro storico risultato: il
ritorno dei comunisti al Governo, 40 anni dopo il golpe che ha spezzato il
progetto progressista di Salvador Allende. Il quotidiano spagnolo El Pais dedica un bell'articolo al lungo e lento cammino dei comunisti cileni verso il Governo.
Non sarà questa l'unica storica impresa di Michelle Bachelet.
L'ex presidente, che per tornare alla vita politica cilena ha lasciato la guida
dell'Agenzia delle Donne dell'ONU, ha nel suo programma il riconoscimento del diritto all'aborto in determinate e selezionate circostanze (si parla di quando
la madre è in pericolo di vita, quando ci sono malformazioni del feto e quando
il feto non sopravvivrà al parto) e anche l'istruzione universale, pubblica e
gratuita, così come richiesto dagli studenti e dal mondo scolastico e
universitario, da un paio d'anni in lotta con il Governo di Sebastián Piñera, il
presidente uscente.
"Niente in questa vita è gratis" ha ripetuto in questi anni il
presidente, uno degli uomini più ricchi del Cile, costretto a vendere la sua
partecipazione nella compagnia aerea LAN e il suo canale tv Chilevisión, perché
non era etico che il presidente avesse anche cospicui interessi economici (un
altro mondo, rispetto all'Italia). E, basandosi su questa massima, nei contatti con gli studenti, Piñera ha
sempre offerto loro maggiori borse di studio e sistemi di finanziamento
più semplici, ma mai la gratuità dell'istruzione. Se ne va senza pena né
gloria, Piñera, volto di una destra moderata e civile, che sta cercando di fare i conti con le responsabilità nel golpe, che faticato a conquistare i cileni della democrazia e che è stata ancora una volta incapace di trasferire il
benessere agli strati più deboli della popolazione. Il suo maggior momento di
popolarità lo ha raggiunto quando, contro tutto e contro tutti, ha salvato i 33
minatori rimasti intrappolati nelle viscere della terra, credendo testardamente
nel suo dovere di salvarli, nonostante fossero poveri, sconosciuti e
dimenticabili. Poi la popolarità ha iniziato a scemare, le proteste dei mapuche
in cerca di terra, nel Cile meridionale, e degli studenti universitari,
sostenuti da famiglie, professori e rettori, hanno fatto il resto. Se bisogna
credere ai sondaggi, dopo la parentesi di destra, che non è servita a rinnovare
la Concertación, però sì a rendere più coraggioso il programma di Michelle
Bachelet, il Cile continua a fidarsi dei valori progressisti.