sabato 23 febbraio 2013

Il fatale 23 febbraio della Spagna: i cortei di protesta e l'interrogatorio di Iñaki Urdangarin

32 anni fa, il 23 febbraio 1981, la Spagna stava aspettando con ansia la reazione del suo giovane Re. Il Parlamento era stato occupato dai soldati del tenente colonnello Antonio Tejero ed era in atto un Colpo di Stato le cui dimensioni, in tempi senza cellulari e web, non erano molto chiare. Juan Carlos avrebbe parlato nella notte, dalla Zarzuela, per rassicurare gli spagnoli: il re stava con la Costituzione e con la democrazia e gli autori del Colpo di Stato stavano agendo contro il loro sovrano e il loro Paese.
Per quelle parole re Juan Carlos è considerato, da buona parte delle generazioni più mature, il salvatore della democrazia spagnola.
Dev'essere una data fatale, questo 23 febbraio. 32 anni dopo, la monarchia è di nuovo nell'occhio del ciclone, insieme a tutta la classe dirigente del Paese. Oggi, 23 febbraio 2013, mentre Iñaki Urdangarin, il genero del Re, era interrogato dai giudici sullo scandalo che lo coinvolge, in decine di città del Paese sono scesi in migliaia per strada, per chiedere meno tagli e più lotta alla corruzione.
Se c'è qualcosa di impressionante nella caduta agli Inferi di Iñaki Urdangarin, è la volgarità. La volgarità della gente che scende in strada e si espone ai media, per urlare e sputare il proprio odio a un uomo sufficientemente umiliato dalla sua caduta. Oggi erano a decine, davanti al Tribunale di Palma di Maiorca, con i loro cartelloni a uso televisivo, le loro tenute a righe da galeotti, a sputare sentenze, a esprimere rabbia, a non lasciare che la Giustizia faccia il proprio corso perché hanno deciso che il Duca deve andare in galera e se non ci andrà non sarà perché i reati non lo prevedono, ma perché è membro della Famiglia Reale, per quanto reietto (e questa condanna mediatica, ancora prima del processo è allarmante, circa il grado di lucidità del Paese e della sua società). Non ho alcuna simpatia, anzi, direi che mi fa una certa paura, per la gente che non mantiene freddezza ed equilibrio, che si fa guidare dalla pancia più che dal cervello; sono persone capaci di tutto, non usando la ragione, sono quelle a cui, in Italia, dobbiamo 20 anni di berlusconismo e a cui, probabilmente, dovremo l'ascesa di Beppe Grillo. Il senso di estraneità che mi pervade a vedere tanta volgarità, tanto cinismo, mi fa sentire una certa empatia per l'accusato, per il caduto, che cerca di affrontare il proprio calvario, probabilmente meritato, con una certa dignità. Oggi, al vedere il genero del Re che scendeva verso il Tribunale tra fischi e insulti mi è successa la stessa cosa.
Le cronache riportano che Iñaki Urdangarin abbia letto un comunicato, prima di iniziare a rispondere alle domande dei magistrati, in cui ha cercato disperatamente di separare il proprio destino da quello dell'Infanta Cristina e di mantenere al margine la Famiglia Reale: "La Casa Reale non ha mai favorito né sostenuto le mie attività,considerandole poco convenienti al mio status e invitandomi a lasciarle. Cosa che ho fatto" ha detto il 44enne Duca di Palma. E nelle prossime ore si saprà di più delle sue dichiarazioni, che, fanno sapere i media, non sono sempre precise e sono piuttosto sintetiche.
Mentre Iñaki affrontava i magistrati, nelle strade di Spagna si viveva un altro 23-F.
Se il 23 febbraio 1981 si temeva un Golpe de Estado, il 23 febbraio 2013 si scende in strada, senza le paure di allora, per protestare contro il Golpe de Estado delle banche e della corruzione. Nell'occhio de ciclone, il caso Bárcenas, l'ex tesoriere del PP trovato con 22 milioni di euro in Svizzera, coinvolto nella trama di corruzione Gürtel e accusato di distribuire per anni buste di denaro illegale ai maggiori dirigenti del PP, compreso il presidente Mariano Rajoy. Su Luis Bárcenas il Presidente del Governo è riuscito a non dire una parola nel recente Dibattito sullo Stato della Nazione e le sue seconde, Soraya Sáenz de Santamaria al Governo e Maria Dolores de Cospedal nel PP, evitano sempre di rispondere alle domande dei giornalisti, anche adesso che si è scoperto che Bárcenas ha continuato ad avere ufficio,stipendio e autista dal PP, nonostante fosse stato allontanato dai suoi incarichi per lo scandalo Gurtel.
"Le vostre bustarelle sono i nostri tagli" diceva uno dei cartelloni portati in corteo a Madrid, ricordando che la corruzione è denaro sottratto alle risorse pubbliche e, in ultima istanza, ai servizi ai cittadini (se lo ricorderanno gli elettori di certe regioni italiane, domani, nelle urne?!). "Rajoy, imita il Papa e dimettiti!" diceva un altro cartellone. "No al Colpo di Stato finanziario. Non dobbiamo, non paghiamo" si leggeva su un altro, che mescolava la fatal data del 23 febbraio con uno degli slogan prediletti degli indignados. E faceva un po' il paio con "Le vostre bustarelle sono al di sopra delle nostre possibilità", che prendeva in giro una delle frasi predilette del PP per tagliare i servizi sociali. "La Spagna ha vissuto al di sopra delle sue possibilità". Ne siamo sicuri? Non saranno state corruzione ed evasione fiscali, connivenze e ingordigia ad aver distrutto quello che era il Paese dall'economia più impetuosa di inizio secolo?
Se ne sono sentiti tanti di slogan del 15-M, perché alla fine, quasi due anni dopo, avevano davvero ragione loro, al denunciare tanta corruzione. Oggi il PP ha tentato ancora una volta di delegittimare i manifestanti: il portavoce della Comunidad de Madrid Salvador Victoria è arrivato a paragonarli addirittura ai golpisti del 1981, perché "cercano di prendere nelle strade quello che non hanno ottenuto alle elezioni" (bonito, alle elezioni ha vinto un partito che aveva un programma e che sta facendo il contrario di quanto promesso: quanto è legittimo questo?).
Lo iato tra Governo e cittadini si accentua sempre di più. "Nel 1981 la cittadinanza scese in strada per esprimere il proprio rifiuto profondo al Colpo di Stato Militare. Oggi, 32 anni dopo, scendiamo in strada a difendere i nostri diritti, a rifiutare i tagli e le brutali politiche di aggiustamento con cui si canalizzano i fondi per soddisfare l'ingordigia dei mercati finanziari e dei politici corrotti" diceva il manifesto della Marea Ciudadana (Marea Cittadina), che ha organizzato i cortei, come sempre dalle reti sociali.
E la marea, tra imponenti misure di sicurezza, che hanno blindato la Carretera de San Jerónimo, per impedire ai manifestanti di avvicinarsi alla Camera, ha riempito la plaza de Neptuno di Madrid, manco ci fosse stata una vittoria dell'Atlético.
Sono scesi in strada, di nuovo, come 32 anni fa, gli spagnoli. Ma che 23 febbraio diversi, quelli del 1981 e del 2013. Che speranze allora, pur tra le paure, e che delusione e rabbia, oggi, senza prospettive di luce alla fine del tunnel.