Se via Crucis doveva essere, in questa Settimana Santa appena trascorsa,
la Famiglia Reale spagnola non si è fatta mancare niente. A cominciare dalle immagini della Messa di Pasqua di Palma di Maiorca, in cui la crisi che sta
vivendo è stata palese, con la sola presenza della regina Sofia, accompagnata
dai Principi delle Asturie e le loro bambine e dall'Infanta Elena. Sono quello
che resta della Famiglia Reale, il suo volto pulito e spendibile.
Chi avrebbe immaginato che quell'immagine, che voleva trasmettere serenità e
continuità, sarebbe diventata così simbolica in soli tre giorni. Ci sono volute
solo 72 ore per scoprire i conti in Svizzera di re Juan Carlos, che gettano
un'ombra anche su suo padre, don Juan, e per la conseguenza più temuta dello
scandalo Noos, l'imputazione dell'Infanta Cristina, chiamata a presentarsi,
come imputata, il 27 aprile davanti al giudice José Castro.
Il giorno di Pasquetta El Mundo ha celebrato i 20 anni dalla scomparsa del Conte di Barcellona, don
Juan de Borbón, padre di re Juan Carlos, con una sorprendente rivelazione:
l'uomo che è passato alla storia come figlio e padre di re, senza aver mai
regnato, e che per questo è molto amato e rispettato, non era affatto povero,
come voleva la leggenda. Alla sua morte ha lasciato un patrimonio di 1,1
miliardi di pesetas, più o meno 6,8 milioni di euro, composto in parte da
proprietà immobiliari, compresa la residenza di Puerta del Hierro, a Madrid, in
cui ha vissuto dopo il ritorno in patria. In Svizzera, inoltre, don Juan ha
lasciato tre conti: uno a Ginevra e due a Losanna, per un totale di circa 4,5
milioni di euro di allora (oggi sarebbero, secondo i calcoli di El Mundo, circa
7,85 milioni di euro). L'eredità è stata equamente divisa tra i tre figli: Re
Juan Carlos e le infante Pilar e Margarita (quest'ultima, d'accordo con i
fratelli maggiori, ha ricevuto una quantità maggiore di denaro a causa della
sua cecità). Fin qui non ci sarebbe niente di male.
I problemi nascono quando si scopre che questi conti sono rimasti in Svizzera e
che da lì sono stati gestiti dagli eredi del Conte di Barcellona, re Juan Carlos compreso.
Sta bene che il sovrano abbia un patrimonio non conosciuto e per di più
all'estero, in Svizzera? Ovviamente non sta bene, soprattutto in questo periodo
spagnolo, in cui le ricchezze custodite in Svizzera vengono guardate con
sospetto, in cui la popolarità di re Juan Carlos è in caduta libera, in cui i
ricchi di non specchiata moralità vengono guardati con indignazione. La
Zarzuela non si è ancora pronunciata sul nuovo possibile scandalo, sostenendo
che sta raccogliendo i dati. La sinistra radicale ha annunciato interrogazioni
circa la fortuna svizzera del Re e il PSOE, ancora in cerca di riscatto e di idee dopo la sconfitta elettorale del 2011, sembra seguirla a ruota, annunciando
pure lui richieste di chiarimenti. Il PP, che non ne può più di scandali, sia
propri che della monarchia, ha frenato proteste e richieste di chiarezza,
ricordando che si tratta di un'eredità di 20 anni fa e che tutto ciò che la
riguarda è già prescritto, come se ci fosse una data di scadenza alla
sostanziale mancanza di etica che sta emergendo dalla Famiglia Reale.
Una mancanza di etica rivelata dallo scandalo Noos, arrivato, infine, a colpire
il gioiello pregiato, l'Infanta Cristina. Diego Torres, l'ex socio di Iñaki Urdangarín,
ci stava provando da mesi, consegnando emails sempre più compromettenti al giudice José Castro, che indaga sulle attività illecite dell'Instituto Noos. Castro ha
cercato di evitare il più possibile l'imputazione dell'Infanta, assicurando che
mancavano le prove e arrivando al paradosso di aver imputato tutti i membri del
CdA di Noos, meno la figlia del Re. Poi.
In questi giorni Torres ha consegnato un'ultima infornata di emails; tra queste ce ne sono alcune particolarmente compromettenti, in cui Urdangarín invia materiale e idee di Noos alla moglie, chiedendole consiglio su cosa fare
perché, sostanzialmente, le scrive, quello che lei pensa per lui è fondamentale. Oltre al
ferreo legame della coppia Urdangarín le emails rivelano quello che era
ampiamente intuibile: se una coppia è unita e felice, si scambia idee, discute,
si consiglia e, dunque, "lei non poteva non sapere". Le emails
provano che Cristina sapeva e consigliava.
L'imputazione dell'Infanta è stata inevitabile, era ormai ampiamente attesta e potrebbe avere pesanti
conseguenze sul suo matrimonio (oltre che sulla sua posizione nella linea di successione al trono: la sua rinuncia ai titoli si fa sempre più necessaria). Solo ieri El programa de Ana Rosa, contenitore
mattutino di TeleCinco, rivelava che l'Infanta aveva consultato un
matrimonialista di Barcellona, pensando probabilmente in una separazione, dopo
aver cercato di difendere il suo matrimonio contra vientos y mareas. Sapeva già
dell'imputazione imminente? Non è difficile immaginarlo. Oggi l'avvocato di Iñaki, Pascual Vives ha smentito l'informazione, sostenendo che la sola idea lo
fa ridere. Non è la prima volta che le sue smentite vengano smentite dai fatti.
Adesso bisogna aspettare il 27 aprile, per ascoltare la versione di
Cristina: sarà la prima volta che il figlio di un sovrano entrerà come imputato
in un Tribunale.
Rimane quella foto di Palma di Maiorca, di meno di una settimana fa, con il
Principe Felipe che cerca di salvare il salvabile, tra applausi e fischi dei convenuti davanti alla Cattedrale. Il trono per lui è sempre più vicino, Juan
Carlos è sempre meno salvabile: la mancanza di etica con cui ha condotto i
propri affari e con cui non ha vegliato su quelli dei parenti (c'è anche uno
scandalo immobiliare che coinvolge due figli dell'infanta Pilar, per la vendita
della residenza della Puerta del Herro dei Conti di Barcellona) lo condanna. Ma
l'ascesa al trono di Felipe non presupporrà né per lui né per la Spagna
l'allegria con cui l'Olanda e il suo nuovo re, Willem Alexander,
si stanno preparando all'inizio di un nuovo regno.