Alla terza abdicazione dell'anno, quella di re Albert del Belgio, che segue le
abdicazioni della regina Beatrice d'Olanda e del relativamente giovane (ha 61
anni) sceicco del Qatar, la Zarzuela si è chiusa nel silenzio. Nessun commento
ufficiale per l'imminente passaggio del testimone in Belgio, previsto per il 21
luglio, tra poco più di due settimane. A 75 anni, re Juan Carlos non ha alcuna
intenzione di abdicare, nonostante la salute malferma, i numerosi scandali che
coinvolgono la Famiglia Reale e la crescente impopolarità della Monarchia e sua
personale.
Anzi, da quando ha ripreso a camminare, dopo l'operazione chirurgica di marzo,
per un'ernia al disco, il sovrano si è impegnato in un'intensa campagna di
recupero dell'immagine pubblica e dell'iniziativa politica, che ha anche destato
qualche dubbio costituzionale, su El Pais. A maggio la Zarzuela ha fatto sapere
che Juan Carlos avrebbe ripreso l'attività pubblica rafforzando il proprio
ruolo di arbitro e moderatore stabilito dalla Costituzione e ha annunciato una
serie di incontri del re con personalità del mondo politico ed economico, allo
scopo di mediare per un accordo, soprattutto tra le grandi forze politiche,
sulle riforme di cui la Spagna ha bisogno, per uscire dalla crisi politica.
Oltre agli incontri con queste personalità (tra loro gli ex presidenti del
governo Felipe González, José Maria Aznar e José Luis Rodriguez Zapatero, il
banchiere Emilio Botín, il presidente di Telefonica César Alierta), il re ha
iniziato a incontrare anche i Consigli consultivi. Primo fra tutti quello con il
Consiglio di Stato.
Ed è stato quest'ultimo incontro, richiesto da re Juan Carlos, a suscitare le
perplessità di El Pais, per il quale la Zarzuela sta forzando l'interpretazione
della Costituzione, che vuole il sovrano come arbitro e moderatore tra le forze
politiche; la Casa Reale ha fatto sapere che ogni iniziativa del sovrano viene
condotta con "la più scrupolosa neutralità" e, ovviamente,
all'interno dei limiti della Costituzione e nell'interesse della Spagna.
L'attivismo di re Juan Carlos è accompagnato dalla maggiore presenza del
Principe Felipe nella vita pubblica. Praticamente non c'è giorno in cui l'erede
al trono non abbia un atto, non pronunci un discorso, non incontri il pubblico,
sebbene in spazi chiusi e controllati, per evitare i fischi e gli insulti. E'
probabilmente il principe ereditario europeo con il maggior numero di atti pubblici in
agenda.
La Casa Reale sta cercando di riguadagnare il terreno perduto, affidando al
principe, che con la regina Sofia è il membro più credibile della Famiglia,
l'immagine pubblica, e dando al re il protagonismo costituzionale che in passato
non ha avuto. Riuscirà questa campagna mediatica a evitare l'abdicazione? La
risposta è complessa, perché lo scenario spagnolo è molto cambiato da
gennaio, da quando l'annuncio dell'abdicazione della regina olandese sembrava
aver messo le cose in movimento anche in Spagna. A gennaio lo scandalo di Iñaki
Urdangarín del suo Instituto Noos e la disinvolta vita personale di re Juan Carlos, con viaggi e affari
evitabili inclusi, sembravano spingere per l'abdicazione: un nuovo sovrano, più
giovane e dall'immagine irreprensibile, avrebbe aiutato il Paese a darsi quella
svolta di cui ha bisogno sotto tutti i punti di vista, politico, economico,
sociale ed etico.
Ma dopo gennaio è arrivato aprile, il mese in cui l'Infanta Cristina è stata imputata nel caso che coinvolge il marito, diventando il primo membro della Famiglia Reale chiamato sul banco in un Tribunale; il mese in cui è stato pubblicato Adiós Princesa, l'esplosivo libro di David Rocasolano, il cugino della Principessa delle
Asturie, che racconta come Felipe e Letizia abbiano tramato per nascondere ai
sovrani un aborto di lei e per avere così il consenso al matrimonio, che
sarebbe stato loro negato se si fosse scoperto l'aborto. La Casa Reale ha
cercato di arginare l'effetto esplosivo del libro sulla monarchia cattolica,
convincendo i grandi media a non parlarne se non in toni indignati, contro
il cugino traditore che ha svelato gli intimi segreti della principessa (in
realtà lo scandalo non è l'aborto, ma il fatto che il principe Felipe sia
stato disponibile a nasconderlo pur di raggiungere il proprio scopo, dimostrando
così di anteporre i propri interessi a quelli della Spagna). Ma negli anni
Dieci del XXI secolo, Internet esercita un'influenza incontrollabile e
l'establishment cattolico-conservatore che appoggia la Monarchia continua ad
avere una forte influenza. Così l'idea di una regina abortista, in una
monarchia cattolica, non piace a nessuno. Letizia, che, per le sue origini
plebee, doveva essere un attivo della Corona, si è rivelata l'handicap di
Felipe sulla strada del trono.
Da quando è uscito il libro di David Rocasolano, di cui non si parla, il
dibattito sull'abdicazione è sparito dalla vita politica e mediatica.
E, nel frattempo si sono moltiplicate le manifestazioni contro la Famiglia
Reale. I fischi hanno raggiunto persino la regina Sofia nelle sue ultime
apparizioni e non c'è più nessuno che si salvi dall'antipatia diffusa. Re Juan
Carlos non pensa all'abdicazione, perché l'erede al trono non è più nelle condizioni di rappresentare una pagina nuova e più pulita. Qualche amico
spagnolo mi suggeriva qualche settimana fa che se Felipe divorziasse, la monarchia riconquisterebbe molta probabilità perché "meglio un re divorziato che Letizia regina" e persino l'abdicazione del re potrebbe essere più vicina: probabile l'effetto antipatizzante di
Letizia nelle sue parole, ma chi lo sa. Certo, Letizia non è la dolce Mathilde né fa lo stesso effetto ai compatrioti.