giovedì 4 luglio 2013

Re Albert del Belgio abdica, re Juan Carlos di Spagna rilancia la sua immagine

Alla terza abdicazione dell'anno, quella di re Albert del Belgio, che segue le abdicazioni della regina Beatrice d'Olanda e del relativamente giovane (ha 61 anni) sceicco del Qatar, la Zarzuela si è chiusa nel silenzio. Nessun commento ufficiale per l'imminente passaggio del testimone in Belgio, previsto per il 21 luglio, tra poco più di due settimane. A 75 anni, re Juan Carlos non ha alcuna intenzione di abdicare, nonostante la salute malferma, i numerosi scandali che coinvolgono la Famiglia Reale e la crescente impopolarità della Monarchia e sua personale. 
Anzi, da quando ha ripreso a camminare, dopo l'operazione chirurgica di marzo, per un'ernia al disco, il sovrano si è impegnato in un'intensa campagna di recupero dell'immagine pubblica e dell'iniziativa politica, che ha anche destato qualche dubbio costituzionale, su El Pais. A maggio la Zarzuela ha fatto sapere che Juan Carlos avrebbe ripreso l'attività pubblica rafforzando il proprio ruolo di arbitro e moderatore stabilito dalla Costituzione e ha annunciato una serie di incontri del re con personalità del mondo politico ed economico, allo scopo di mediare per un accordo, soprattutto tra le grandi forze politiche, sulle riforme di cui la Spagna ha bisogno, per uscire dalla crisi politica. Oltre agli incontri con queste personalità (tra loro gli ex presidenti del governo Felipe González, José Maria Aznar e José Luis Rodriguez Zapatero, il banchiere Emilio Botín, il presidente di Telefonica César Alierta), il re ha iniziato a incontrare anche i Consigli consultivi. Primo fra tutti quello con il Consiglio di Stato.
Ed è stato quest'ultimo incontro, richiesto da re Juan Carlos, a suscitare le perplessità di El Pais, per il quale la Zarzuela sta forzando l'interpretazione della Costituzione, che vuole il sovrano come arbitro e moderatore tra le forze politiche; la Casa Reale ha fatto sapere che ogni iniziativa del sovrano viene condotta con "la più scrupolosa neutralità" e, ovviamente, all'interno dei limiti della Costituzione e nell'interesse della Spagna. 
L'attivismo di re Juan Carlos è accompagnato dalla maggiore presenza del Principe Felipe nella vita pubblica. Praticamente non c'è giorno in cui l'erede al trono non abbia un atto, non pronunci un discorso, non incontri il pubblico, sebbene in spazi chiusi e controllati, per evitare i fischi e gli insulti. E' probabilmente il principe ereditario europeo con il maggior numero di atti pubblici in agenda. 
La Casa Reale sta cercando di riguadagnare il terreno perduto, affidando al principe, che con la regina Sofia è il membro più credibile della Famiglia, l'immagine pubblica, e dando al re il protagonismo costituzionale che in passato non ha avuto. Riuscirà questa campagna mediatica a evitare l'abdicazione? La risposta è complessa, perché lo scenario spagnolo è molto cambiato da gennaio, da quando l'annuncio dell'abdicazione della regina olandese sembrava aver messo le cose in movimento anche in Spagna. A gennaio lo scandalo di Iñaki Urdangarín del suo Instituto Noos e la disinvolta vita personale di re Juan Carlos, con viaggi e affari evitabili inclusi, sembravano spingere per l'abdicazione: un nuovo sovrano, più giovane e dall'immagine irreprensibile, avrebbe aiutato il Paese a darsi quella svolta di cui ha bisogno sotto tutti i punti di vista, politico, economico, sociale ed etico. 
Ma dopo gennaio è arrivato aprile, il mese in cui l'Infanta Cristina è stata imputata nel caso che coinvolge il marito, diventando il primo membro della Famiglia Reale chiamato sul banco in un Tribunale; il mese in cui è stato pubblicato Adiós Princesa, l'esplosivo libro di David Rocasolano, il cugino della Principessa delle Asturie, che racconta come Felipe e Letizia abbiano tramato per nascondere ai sovrani un aborto di lei e per avere così il consenso al matrimonio, che sarebbe stato loro negato se si fosse scoperto l'aborto. La Casa Reale ha cercato di arginare l'effetto esplosivo del libro sulla monarchia cattolica, convincendo i grandi media a non parlarne se non in toni indignati, contro il cugino traditore che ha svelato gli intimi segreti della principessa (in realtà lo scandalo non è l'aborto, ma il fatto che il principe Felipe sia stato disponibile a nasconderlo pur di raggiungere il proprio scopo, dimostrando così di anteporre i propri interessi a quelli della Spagna). Ma negli anni Dieci del XXI secolo, Internet esercita un'influenza incontrollabile e l'establishment cattolico-conservatore che appoggia la Monarchia continua ad avere una forte influenza. Così l'idea di una regina abortista, in una monarchia cattolica, non piace a nessuno. Letizia, che, per le sue origini plebee, doveva essere un attivo della Corona, si è rivelata l'handicap di Felipe sulla strada del trono. 
Da quando è uscito il libro di David Rocasolano, di cui non si parla, il dibattito sull'abdicazione è sparito dalla vita politica e mediatica. 
E, nel frattempo si sono moltiplicate le manifestazioni contro la Famiglia Reale. I fischi hanno raggiunto persino la regina Sofia nelle sue ultime apparizioni e non c'è più nessuno che si salvi dall'antipatia diffusa. Re Juan Carlos non pensa all'abdicazione, perché l'erede al trono non è più nelle condizioni di rappresentare una pagina nuova e più pulita. Qualche amico spagnolo mi suggeriva qualche settimana fa che se Felipe divorziasse, la monarchia riconquisterebbe molta probabilità perché "meglio un re divorziato che Letizia regina" e persino l'abdicazione del re potrebbe essere più vicina: probabile l'effetto antipatizzante di Letizia nelle sue parole, ma chi lo sa. Certo, Letizia non è la dolce Mathilde né fa lo stesso effetto ai compatrioti.